Ci sono molte date impresse nella memoria di ciascuno, alcune più liete, altre più dolorose. Quella del 16 ottobre è certamente una data difficile da dimenticare. In quel sabato del 1943, settantaquattro anni fa, le SS invadevano le strade del Portico d’Ottavia e rastrellavano 1.024 persone, tra cui oltre duecento bambini, poi deportati ad Auschwitz. Solo quindici uomini e una donna tornarono a casa. Nessuno dei bambini. Il “Sabato nero” del Ghetto viene riportato in scena con “16 ottobre 1943, una storia e altre storie”, di e con Antonello Capurso e Micol Pavoncello, al Teatro Petrolini di Roma il 6, 7 e 8 ottobre.
Si tratta di un racconto vero ma inedito. La storia principale ruota intorno a due ragazze, Mariadora e Sandra, la prima ebrea di ventidue anni, l’altra cattolica di venti, figlia di uno dei capi del gruppo romano di Giustizia e Libertà.
Un incontro, quello tra le due giovani, fatto di eventi rocamboleschi, strategie, colpi di scena che hanno segnato a lungo le rispettive famiglie. Ma in quel “Sabato nero” non ci sono soltanto Sandra e Mariadora.
Si tratta di un evento corale che ha segnato le vite di tanti e diversi personaggi: Lia Levi, Arminio Wachberger, Stefano Siglienti, Achille Battaglia. Ma soprattutto c’è la storia di un Paese che nel 1938 ha varato le leggi razziali, ha conosciuto l’abisso e la disfatta e poi si è risollevato.
Un racconto, quello portato in scena da Antonello Capurso, scrittore e giornalista, fatto di memorie scritte e orali, dei protagonisti e dei loro cari. Uno spettacolo denso, difficile, doloroso, che Capurso ci propone non solo attraverso la recitazione, ma anche con un impianto multimediale di musiche e filmati che caricano di forza il racconto.
Per non dimenticare. Per rinnovare un ricordo necessario e collettivo.