Nel periodo che si arrampica dagli anni Cinquanta agli Ottanta, in Italia, c’è un solo protagonista nella vita sociale dei ragazzi. Il bar o il circoletto sotto casa. Teatro di sfide interminabili a calcio balilla, delle prime letture, in genere fumetti, e di estenuanti partite a calcio con le saracinesche usate come porte.
Il re dei bar, però, è un altro. Si trova nella sala in fondo, subito dopo i tavolini dove gli adulti giocano a Tressette o a Briscola. Il biliardo, bello, elegante, con le luci puntate sopra e quella musica sempre uguale eppure tanto affascinante. Toc, tump, tump, tump, tac, frrrr. Un assolo di Chet Baker.
La stessa musica che, più o meno intorno ai dieci anni, aveva stregato per sempre Marcello Lotti detto, poi, Lo Scuro. Il primo vero campione popolare del biliardo italiano. Passato dal giocarsi i soldi del gelato, nel circolo di Peretola a un soffio da Firenze, al campionato del mondo. Lo Scuro incarnava alla perfezione lo stereotipo del giocatore di biliardo.
Poche parole, spesso fulminanti, sguardo duro e faccia da uomo che non deve chiedere mai. L’albo d’oro dice nove titoli di campione italiano e due coppe dei campioni, equivalenti all’odierno mondiale. Quello che non si vede sono le nottate interminabili nel solito circolo, dove c’era il suo tavolo. Giocava spesso da solo per mancanza di avversari.
Portò il biliardo, sport per menti eccelse, nelle case degli italiani grazie a due film girati con Francesco Nuti, anch’egli innamorato del Jazz suonato con stecche e bilie. Leggendaria fu una sua prestazione in Argentina durante la Sesta Temporada Mundial. Giunto oltre oceano con una nuova stecca metallica perse le prime sette partite.
Non era un tipo facile Marcello Lotti da Peretola, e non era solito arrendersi. Modificò in corsa la stecca e spiegò biliardo per le successive sette partite vincendole tutte. Anche nel Palazzo dello Sport di Necochea risuonò il motto che l’ha accompagnato per tutta la sua vita, “Ancora ‘unn’e finita!”.
In chiusura di carriera fu chiamato per lanciare il campionato mondiale professionisti, ripreso dalle telecamere dell’allora Tele+, e si divertì a vedere il timore reverenziale dei giovani rampanti quando si voltavano a cercare lo sguardo nel buio, lontano dalle luci del biliardo. Dove sedeva il capo, Marcello Lotti detto Lo Scuro.