Dai CSI, ai ritmi del Mediterraneo. Storia in musica di Ginevra Di Marco

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Ginevra_1«Cerco di fare in modo che la musica non sia solo una forma di intrattenimento e svago, ma un terreno di interesse, scoperta e crescita». E’ un obiettivo che Ginevra Di Marco ha raggiunto nella sua carriera multiforme e al contempo coerente, che l’ha vista spaziare dal suo genere d’origine – il rock dei C.S.I. al fianco di Giovanni Lindo Ferretti – ai canti popolari. «I dieci anni con i C.S.I. sono stati importanti, molto formativi. Ma mi ha sempre affascinata la musica popolare, quella delle nostre radici, che permette di conoscere meglio noi stessi. Così ho cominciato a lavorare da interprete affacciandomi alle musiche del Mediterraneo, che non nascono come espressione del mercato discografico ma arrivano dalla storia, dalle esperienze dei popoli. La mia voce si è fatta duttile e mi ha permesso di esplorare questi mondi, ho ripescato canti antichi ricchi di significati e messaggi validi ancora oggi, che ci parlano della nostra attualità».

Lo ha fatto anche con il suo ultimo album, “La Rubia canta la Negra”, a cui ha lavorato coi compagni di sempre Francesco Magnelli e Andrea Salvadori e nel quale le tematiche dell’amore si intrecciano con l’impegno sociale, la passione emozionale con quella intellettuale, la ricerca e il viaggio nella tradizione del suono latino con la lotta politica. Il disco è un omaggio alla cantora latinoamericana Mercedes Sosa, simbolo della lotta per la libertà del popolo argentino negli anni della dittatura. «Non ho mai sentito una voce più bella di quella di Mercedes, mi ha fatto riconsiderare il significato del termine ‘cantare’, indirizzandomi verso un canto che sa arrivare alla pancia». Tra le più autorevoli voci della world music e del nuovo folk italiano, la cantante fiorentina con questo lavoro si è guadagnata per la terza volta la Targa Tenco. «Non ho mai sentito il desiderio della fama, ma l’urgenza del canto» racconta.  «C’è voluto molto per far capire alla mia famiglia che la musica era il modo migliore in cui riuscivo a esprimermi». Ai primi esperimenti in casa («Mi chiudevo in camera e cantavo sui dischi») sono seguiti i cori della chiesa ed i gruppi negli anni del liceo. «Sono cresciuta con l’idea che la musica bella non appartenga ad un genere ma alla capacità di comunicazione e di talento. Sono stata onnivora, ho ascoltato dal rock al prog, fino alla classica. Ma l’artista che mi ha fatto sentire la necessità di cantare è stato Peter Gabriel». Mentre della nuova generazione di cantautori dice: «È stata una bella scoperta vedere che i giovani autori si sonoGinevra_4 nutriti dei grandi cantautori italiani come Dalla e De Gregori molto più di quanto abbiamo fatto noi più anziani, che invece eravamo rivolti alla scena musicale anglosassone o americana. Io amo molto Brunori, ne ho apprezzato in particolare l’ultimo disco». Oltre ai numerosi impegni musicali, la Di Marco vanta altri prestigiosi progetti artistici: dal sodalizio teatrale con la concittadina Margherita Hack per lo spettacolo dedicato alla storia del ‘900 “L’Anima della terra vista dalle Stelle” («Sono stati quattro anni bellissimi; lei era una persona schietta, sincera, profondamente intelligente») a quello nato nel 2015 con lo scrittore Luis Sepúlveda per il reading poetico-musicale “Poesia senza patria” («Un incontro particolare perché fu lui a cercarmi; si innamorò del mio disco “Stazioni Lunari prende terra a Puerto Libre”, mi raccontò che l’aveva portato in Patagonia e fatto suonare lungo i fumi»). Impegnata nei live fino a fine anno (unica data di agosto quella del 18 a San Cesario sul Panaro, poi riprenderà a settembre), Ginevra è un’artista appagata: «Vivo quello che faccio con gratitudine, mi sento libera di costruire progetti che mi piacciono profondamente. Questo è un bene grande, non penso di volere di più».