Almerigo Grilz e la sua biro per disegnare il mondo

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DiariscuolaDal 26 al 30 maggio del 1965 si tenne a Forte dei Marmi un “concorso internazionale di disegno e pittura per ragazzi”. I partecipanti furono settemila, provenienti da venti Paesi. I giurati scelsero come opera vincitrice una scena di battaglia, in cui comparivano cinquecento soldati “perfettamente equipaggiati”, allineati e composti “in innumerevoli figurazioni” su un foglio grande “non più di trenta centimetri per quaranta”. Ma gli organizzatori fecero presente ai giurati che, come previsto da una clausola del bando, l’opera vincitrice doveva essere ripresa dalle telecamere per essere trasmessa all’interno di una rubrica televisiva. Il foglio, di non grandissime dimensioni, con quella miriade di soldati brulicanti, tratteggiati nei minimi particolari, non permetteva alle telecamere dell’epoca, molto rudimentali, una ripresa adeguata. E così l’opera si classificò seconda, e il ragazzo che l’aveva realizzata se ne tornò nella sua città, Trieste, con una “benemerenza e una medaglia d’argento”, come ricordava in un articolo un anonimo, entusiasta cronista de “Il Piccolo”.

Quel giovane promettente si chiamava Almerigo Grilz e morirà ventidue anni dopo, in Mozambico, mentre, con la sua telecamera, riprendeva dei violenti scontri tra i combattenti della Renamo e le truppe governative. Fu il primo reporter italiano a cadere su un fronte di guerra dopo il secondo conflitto mondiale. Eppure in molti hanno cercato di farlo dimenticare, come ricordava , qualche mese fa, su queste pagine Emanuele Ricucci. Va detto, però, che quest’anno, in occasione del trentesimo anniversario della morte, a Trieste, è stato ricordato con ben due mostre. Pochi giorni fa si è chiusa “Gli occhi della Guerra” organizzata da Fausto Biloslavo e Gian Micalessin. Inaugurata il 19 maggio nelle sale del Museo della Guerra per la pace “Diego de Henriquez” la mostra ha preso il testimone da un’altra bella esposizione tenutasi nella sala Veruda di Palazzo Costanzi: “I mondi di Almerigo”, curata da Pietroth-9-23-268x300 Comelli e Andrea Vezzà, che ha il merito di proporci un Almerigo inedito, come quello del concorso di pittura, il cui ritaglio di giornale è stato riproposto assieme a tanti disegni realizzati dal futuro reporter.

Per chi non ha avuto modo di vedere la mostra “I mondi di Almerigo” ora c’è la possibilità di “ripercorrerla” sfogliando il bel catalogo omonimo edito da Spazio InAttuale (www.spazioinattuale.com). Un racconto con tante immagini e poche ma sacrosante parole. È una passione poco conosciuta quella per il disegno di Almerigo, se non da amici e famigliari, ma non l’unica. Infatti, Grilz, fu prima un ragazzo e poi un uomo mosso da mille interessi. Nulla a che fare con l’immagine stereotipata e superficiale che alcuni hanno voluto creare. Hanno fatto benissimo, quindi, gli organizzatori a focalizzare l’attenzione anche su aspetti meno noti, ma non per questo meno importanti, della multiforme attività del triestino.

“Abbiamo scelto di raccontare la storia di Almerigo- spiega a IlGiornaleOFF Pietro Comelli – dopo aver visionato il suo archivio. In soli 34 anni aveva fatto di tutto e girato praticamente il mondo. A sorprenderci è stata la sua multimedialità. Era un personaggio da raccontare in una storia senza interruzioni e parcellizzazioni, com’era troppo spesso accaduto da trent’anni a questa parte, perché i suoi detrattori o gli stessi adulatori si erano concentrati solo sulla militanza politica oppure sulla parte finale di giornalista freelance, tralasciando il suo percorso”.

Abituato sin da piccolo a scrivere le sue giornate e appassionato frequentatore del cinema “Garibaldi”  (in cui predilige i film di avventura in cui pochi combattono contro molti, come “Zulu” o “La battaglia di Diariscuola02Alamo”), il giovane Almerigo disegna continuamente con una biro: per lo più scene di battaglia e poi fumetti (che lui stesso sceneggia) come le avventure di Julian Grimwood nel Sud Africa di inizio Novecento. Scartato a un concorso di pittura perché “era impossibile che un ragazzo della sua età avesse fatto quel quadro”, viene notato da un collezionista, Diego de Henriquez, che lo mette alla prova e gli commissiona alcune illustrazioni di scene di guerra oggi raccolte nel civico museo che porta proprio il nome del mecenate.

Il primo reportage è del 1966, ha tredici anni e si trova negli scontri tra la celere e gli operai dei cantieri navali San Marco. Inizia a scattare con la sua macchina fotografica prima dal terrazzo dalla casa di un amico e poi nella strada, sull’asfalto, tra l’odore acre dei lacrimogeni. Sono anni di violenza e tensione. E lui “racconta” disegnando con la sua penna biro blu i cortei degli extraparlamentari, gli scontri tra rossi e neri. Maniacalmente rappresenta anche il più piccolo particolare che ricorda a memoria.

Ma nel catalogo non ci sono solo disegni, ampio spazio è dedicato anche alle foto dei viaggi, come quelli in nord Europa. Nel 1973, capelli lunghi, pantaloni a zampa di elefante, con una scassata Fiat 850 con sopra scritto “from Triest to Helsinki- Almerigo” attraversa la Finlandia. Poi eccolo sbarbato durante la naja a Cividale del Friuli e finalmente laurearsi l’11 marzo 1982. Discute la sua tesi, su “Terrorismo e leggi speciali”, nell’aula Vittorio Bachelet. Un particolare che colpisce: Grilz cerca di proporre una via d’uscita dal labirinto di sangue costruito dai terroristi e lo fa nella stanza dedicata al giurista ucciso dalle Brigate Rosse davanti all’Università La Sapienza.

Seguiranno mesi di impegno politico e poi la scelta: lascia il posto in consiglio comunale, per andare nelle strade polverose e infiammate di Beirugrilz duet tra i combattenti delle forze libanesi, tra i mujaheddin asserragliati sulle montagne afghane coi loro kalashnikov rubati ai sovietici, in Birmania tra i guerriglieri della minoranza Tai, in Cambogia con gli Khmer che si opponevano ai vietnamiti e in Mozambico nel 1986 costretto a scurirsi il volto per mimetizzarsi.

Si inizia a sfogliare con stupore e sorriso e si finisce con un nodo in gola, perché il catalogo “I mondi di Almerigo” ha il grande merito di mostrarci il ragazzo e poi l’uomo Almerigo e di riportare in vita i suoi entusiasmi e le sue passioni. E, allora, il silenzio assordante voluto da alcuni (anzi da troppi) che hanno tentato di fare dimenticare (anzi di cancellare) la storia di questo italiano, fa ancora più male.