Un viaggio a Montevideo per vivere cinema e poesia

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Giovanni Cioni
Giovanni Cioni

«La creatività rivoluzionaria non è quella che fa cantare l’uccello in gabbia: è quella per la quale l’uccello prigioniero la gabbia la rompe!». Sono alcune delle parole di Alberto Grifi (considerato tra i primissimi autori di quello che fu chiamato “cinema sperimentale italiano”), scelte come sigla per la sezione “Satellite – Visioni per il cinema futuro” della 53esima Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro. Non è semplice approcciarsi a questa modalità di fare cinema, soprattutto per lo spettatore comune. Kermesse come quella marchigiana diventano un luogo importante non solo per gli artisti, ma anche per il pubblico che ha bisogno di ponti e momenti di dialogo per poter cogliere al meglio questo modo di fare e vivere la Settima Arte. Viaggio a Montevideo di Giovanni Cioni ci è risultato fra i più convincenti e comunicativi nel panorama dei diversi lavori presentati. «Poi fuggì./ Mi persi per il tumulto delle città colossali, vidi le bianche cattedrali levarsi, congerie enorme di fede e di sogno colle mille punte nel cielo». Bastano questi pochi versi da “La notte” nei “Canti Orfici” di Dino Campana (comparsi nei primissimi minuti) a suggerire allo spettatore che spirito poetico e – verrebbe da aggiungere – di osservazione possa esserci in Viaggio a Montevideo (titolo di un componimento dello stesso scrittore toscano). Il poeta ha influenzato e accompagnato il regista in un “errare” che, a sua volta, riesce a rendere grazie alla macchina da presa, facendo visualizzare ciò che Campana sapeva scrivere. Il tutto in una precisa fusione con lo sguardo documentaristico di Cioni.

L’ultima fatica del regista di “In Purgatorio” nasce dai sopralluoghi effettuati nelle valli della Val d’Aosta durante il laboratorio Oltreconfine. In questo lavoro il cineasta restituisce l’eco di quel “cammino”, dando anche una possibilità alla platea di turno di concepire il proprio tour. «Amo più le didascalie perché creano dei dispositivi che aprono la percezione e l’immaginazione», ha dichiarato Cioni. Effettivamente, a primo impatto, ci si rende conto di quanto l’occhio poetico e visivo sappia essere forte (nonostante la struttura frammentaria).OLYMPUS DIGITAL CAMERA Allo stesso tempo viene creata una condizione ottimale, per chi vede, di dar spazio alle personali suggestioni.

Ascoltando Giovanni Cioni nel corso della tavola rotonda a tema, svoltasi durante il Pesaro Film Festival, l’impressione che si ha è che i suoi lavori siano coerenti con le affermazioni fatte, da cui traspare l’atteggiamento di chi non vuole chiudersi in un ambito di nicchia. L’artista si presenta, infatti, pronto al dialogo e in cerca. Così il film è un po’ metafora della ricerca di sé – indotta sia dalla natura che da (certa) poesia. Non è un viaggio strettamente fisico nella pampa uruguaiana, ma simbolico, nei luoghi più disparati – dal cimitero ai pascoli coi bovini. «Ogni volta è un ritorno in una vita che non ho vissuto», questo, per noi, è Viaggio a Montevideo.

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  1. […] MARIA LUCIA TANGORRA :”il film è un po’ metafora della ricerca di sé – indotta sia dalla natura che da (certa) poesia. Non è un viaggio strettamente fisico nella pampa uruguaiana, ma simbolico, nei luoghi più disparati – dal cimitero ai pascoli coi bovini. «Ogni volta è un ritorno in una vita che non ho vissuto», questo, per noi, è Viaggio a Montevideo.“http://ilgiornaleoff.ilgiornale.it/2017/06/23/un-viaggio-a-montevideo-per-vivere-cinema-e-poesia/ […]

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