450 di Monteverdi. La rockstar non conforme che rivoluzionò la musica

0

Esistevano gli anticonformisti nel lontano e “buio” Cinquecento?
Sì, esistevano. E uno di essi si chiamava Claudio Monteverdi (1567-1643) del quale, quest’anno, ricorrono i 450 anni dalla nascita. Cremonese, figlio di un medico, allievo di Marco Antonio Ingegneri al duomo della sua città, Monteverdi spicca, quattro secoli e mezzo dopo, come una delle figure più “scorrette” della musica e il cui ascolto, nell’epoca dell’appiattimento globale e del pensiero unico anche cultural-musicale, andrebbe rivisitato.

download (55)Ebbene, chi fu Monteverdi? Fu un travolgente rivoluzionario, dicevamo, e lo fu in un’epoca in cui – il Cinquecento – il canone musicale europeo era in via di consolidamento e in un genere in cui – la polifonia – la disciplina contrappuntistica era rigidissima. La branca della musica nella quale intervenne e che rifondò completamente fu, appunto, quella vocale (sulla strumentale fu assai debole): madrigali, canzoni, salmi, messe, mottetti, melodrammi e quanto di più “classico” possa esistere. Ma quel classico venne stravolto. Perché? Per fedeltà alla parola, al testo. L’armonia – e, quindi, anche la dissonanza – nella visione monteverdiana, non è indipendente, ma deve costantemente essere relazionata alla parola (Monteverdi, infatti, è considerato uno degli iniziatori del melodramma moderno). E perciò, nel serpeggiare delle parti, l’armonia deve essere “piegata” alle esigenze del testo poetico: è questa l’essenza della teoria del nostro compositore.

Dato il periodo e l’influsso dei grandi polifonisti di allora, Monteverdi non ebbe terreno facile. Il teorico e compositore Giovanni Maria Artusi (1540-1613) scrisse, nel 1600, il trattato antimonteverdiano L’Artusi overo delle imperfettioni della moderna musica nel quale rimproverava il compositore cremonese di infrangere le regole classiche dell’armonia e di usare le dissonanze con troppa disinvoltura.

Monteverdi ignorò totalmente il suo detrattore. Ma stava solamente fingendo e affilando le armi: 5 anni dopo, nel 1605, pubblicò il suo Quinto Libro dei Madrigali a 5 voci nel quale inserì una prefazione. In essa, Monteverdi spiegava (con le stesse parole usate dall’Artusi per il titolo del suo trattato, ond’evitare che non si cogliesse appieno il destinatario della polemica) la sua conquista: una «seconda pratica overo perfetione della moderna musica» in opposizione alla «prima pratica» dei conservatori.

In effetti, a sfogliare le partiture monteverdiane, questa “modernità”, quest’uso ardito e avanguardistico dell’armonia dissonante, è limpido. Prendete il Primo Libro dei Madrigali (del 1587), madrigali quarto e quinto: vi sono sovrapposizioni armoniche che potrebbero essere state scritte comodamente da un Debussy o un Ravel. Volutamente opposto alle posizioni degli zarliniani, Monteverdi adopererà soluzioni apertamente antiscolastiche (si guardi, ad esempio, i salti di seconda eccedente o quinta diminuita nel Quarto Libro o le progressioni ritmico-armoniche nel Sesto Libro). Come scrisse Gian Francesco Malipiero, compositore novecentesco amico di Casella, d’Annunzio e Ravel, Monteverdi «certamente avrebbe potuto accontentare i suoi critici se, anziché un innovatore, egli fosse stato un arido accademico». E invece non si appiattì al “coro” (in questo caso, proprio letteralmente) dei conformati al canone, ma cantò “fuori dal coro” creano qualcosa di nuovo e di “anti”. Questa sua modernità, questa capacità concettuale di tagliare le epoca alla ricerca dell’avanguardia, ha fatto sì che molti contemporanei ne riapprezzassero le doti, musicandolo nei nostri giorni. Tra tanti è il caso del tenore napoletano Marco Beasley o del noto musicologo e direttore d’orchestra spagnolo Jordi Savall – che qui sotto esegue con la sua orchestra l’ouverture de L’Orfeo, favola in musica, che potremmo considerare il primo vero capolavoro della storia del melodramma, musicato da Monteverdi su libretto di Alessandro Striggio -.

 La sua città natale, Cremona, ha allestito un ricco programma per commemorare il genio nato 450 anni fa: concerti, mostre, rappresentazioni teatrali, concorsi, una crociera musicale sul Po… Culmine del Monteverdi Festival sarà il 24 giugno con il Vespro della Beata Vergine, in Cattedrale, diretto da Sir John Eliot Gardiner.

Intanto, però, commemoriamo questo anticonformista del Cinquecento nel modo più immediato: ascoltandolo. Sapete perché? Perché, come scriveva ancora Malipiero, «egli fu il precursore di tutto e di tutti, anche di quelli che non poterono subire la sua influenza diretta perché nati quando ormai egli era stato fatalmente dimenticato».