Fatti, non parole. Le donne che cambiano l’Italia

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Da grandi crisi nascono grandi progetti. Ne dà dimostrazione quel 60,4% di donne italiane che.  nonostante l’inarrestabile crisi economica, ha il coraggio di crearsi uno spazio nel mondo del lavoro.

Le misure  che dovrebbero tutelare il ruolo della donna nel mercato del lavoro vacillano, l’accesso agli incentivi statali non è sempre semplice e immediato, e persiste un forte divario retributivo tra uomini e donne, ma l’imprenditoria femminile italiana risulta la seconda in Europa  per le quote rosa in materia di Iva.

maria-fermanelli-cose-dallaltro-paneIn Italia, il binomio madre-lavoratrice non sempre è vincente, a volte addirittura svilente, e l’auto-imprenditorialità si rileva un’occasione per conciliare famiglia e lavoro con orari flessibili realizzando un proprio business. Come nel caso di Maria Fermanelli, architetto nonché professionista nella gestione dell’installazione di ripetitori per cellulari per multinazionali telefoniche, che un bel giorno ha abbandonato le sue certezze per dare vita a Cose dell’Altro Pane, un’azienda artigianale che produce e distribuisce prodotti genuini per celiaci.

All’interno del monastero benedettino di San Giovanni Battista a Roma, ha riattivato gli antichi forni, e con il suo team prevalentemente femminile sforna quotidianamente pani, biscotti pizza, panettoni. Un’intuizione avuta grazie a un’amica della figlia celiaca, che è divenuto un vero e proprio lavoro con lo sguardo sempre attento alla conciliazione della figura lavoratrice-mamma, trasformando la sostituzione per maternità in assorbimento occupazionale aggiuntivo definitivo.

Altro grande esempio quello di Luciana Delle Donne, top manager che ha abbandonato il mondoluciana-delle-donne-made-in-carcere bancario, proprio quando aveva raggiunto l’apice del successo, per tornare a Lecce, nella sua terra natia, richiamata dal senso materno che però ha dato buca ed è stato colmato dall’impegno sociale. Qui, nel 2007, ha dato vita a Made in Carcere,  una cooperativa sociale che offre lavoro a donne detenute per reati minori. Una seconda chance donata a materiali e tessuti di scarto, provenienti da aziende italiane particolarmente sensibili alle tematiche sociali ed ambientali, utilizzati per realizzare borse e accessori dalle tinte vivaci. Ma soprattutto un’opportunità di  formazione e reinserimento socio-lavorativo per donne ai margini della società.

Spesso, però, a scegliere la strada dell’imprenditorialità sono anche  donne under 35 che contrastano la crisi dando libero sfogo alla propria creatività in settori innovativi.

È il caso di Benedetta Bruzziches, trentunenne “nata povera”, che ha trovato la sua strada grazie all’incontro fortuito con un imprenditore indiano. La giovane designer viterbese ama definirsi un’artigianauta in quanto attraverso le sue creazioni si ricongiunge con le sue origini ed esprime le sue emozioni, la sua identità. Arrivata già alla settima collezione di borse che vende nei negozi più glamour del mondo, da Parigi agli Emirati Arabi,  coinvolge  nel processo produttivo gli abitanti del suo paese di origine, Caprarola,  dal tappezziere al tipografo, dando vita così a un vero e proprio laboratorio diffuso.

Come Monica Archibugi, per lunghi anni babysitter per mantenersi agli studi universitari come tante coetanee, che nel 2013 ha creato il progetto Le Cicogne. Con un gruppo di amiche, impegnava i pomeriggi post studio prendendosi cura di piccoli marmocchi, dai compiti alle attività sportive, ma quando le richieste sono iniziate a crescere, ha deciso di creare di creare Le Cicogne, una pagina Facebook divenuta sito e successivamente app, che consentisse di fare da trait d’union tra genitori e babysitter. Così, in tutta Italia, si incontrano la domanda e l’offerta di migliaia di mamme disperate e giovani quanto attente babysitter.

francesca-gallo-fisarmonicaO chi come Francesca Gallo ha deciso di seguire le orme del padre per dare vita a una propria attività imprenditoriale. Ex cantante lirica, è l’unica donna in Italia che da anni si diletta nella realizzazione artigianale di fisarmoniche. Appassionata sin da piccola al lavoro certosino del padre, da qualche anno porta avanti la tradizione artistica di famiglia con il marchio Galliano&Ploner.  

Francesca, conosciuta nella sua Casale sul Sile come “La voce del Sil”, trasforma un semplice pezzo di legno in un prezioso strumento musicale. Tutto ciò, proprio come le ha insegnato il padre, seguendo le leggi della natura, prestando molta attenzione alle costellazioni, alle condizioni meteorologiche e alle fasi lunari per costruire  fisarmoniche e organetti che vende anche all’estero.

Giovani, donne, disoccupate. Ma mai arrese, sempre più appassionate. Quasi un motto che unisce le storie che abbiamo raccontato. A darci un’ulteriore prova l’incontro con un’altra giovane donna, Francesca Neri, che dopo aver gironzolato un po’ per il mondo è tornata nella sua Arezzo con un bagaglio colmo di creatività e ha dato vita a Frenzlauer, un marchio fresco e sobrio che realizza borse e accessori dalle linee geometriche essenziali.

Durante gli studi universitari, sospinta dalla passione, ho collaborato con alcune aziende di moda, Subito dopo la laurea, nel 2013, insieme a due amici fiorentini, che vivevano già a Bruxelles, ho creato una società in Belgio. Grazie a quest’esperienza, che tuttora prosegue, ho scoperto di poter fare della mia passione un lavoro. E qualche mese dopo, ho dato vita a un’azienda tutta mia in Italia, nella mia Arezzo” così, Francesca Neri,frenzlauer-francesca-neri giovane ingegnere gestionale racconta com’è nata l’idea di investire nella moda.

In viaggio di nozze visitai Berlino e rimasi incantata dalla quiete del quartiere bohemién di Prenzlauer Berg. Fu come trovarmi nel posto giusto al momento giusto. Da quella sensazione di benessere è nato Frenzlauer, sostituendo la “f” del mio nome alla “p”  per  dare un tocco personale” aggiunge spiegando il motivo del nome particolare del brand. D’altronde all’estero ha avuto la sua prima esperienza imprenditoriale, e dall’estero prende ispirazione per il brand, scegliendo però di investire in Italia. Possiamo definirla, dunque, un “cervello in fuga” tornato a casa con un progetto vincente, seppur – come ammette – “la mia fuga non è mai durata più del tempo di una vacanza. Viaggio molto anche per lavoro ma sono legata ad Arezzo, non vivrei altrove. Dunque non potevo non dare sfogo alla passione nella mia città. Anche se purtroppo, mi duole ammetterlo, in Italia non vi sono fondi e incentivi notevoli per noi giovani imprenditori“. Ma Francesca cerca di cogliere il meglio del Belpaese: da aretina doc quale è, si affida esclusivamente alla tradizione del Made in Italy, un certificato di eccellenza. Seleziona attentamente i materiali, la qualità della pelle, cura il design, la manifattura e i dettagli. Si rivolge a produttori artigianali toscani e veneti per produrre secchielli, pochette, shopper, tracolle, collane, orecchini e una capsule collection di foulard. “Non ho inventato niente di nuovo semmai ho eliminato gli eccessi. Le mie creazioni sono contraddistinte da simmetrie e linearità eleganti che valorizzano il fascino dell’essenzialità. Riscontrabile anche nelle scelte cromatiche: tinte unite, colori neutri, osando ogni tanto con pantoni più vivacipreservare quest’esclusività proprio perché credo molto nel contatto diretto col cliente. Mi piace conoscere i miei clienti, cercare di soddisfarne le esigenze anche nel packaging, coccolarli fino alla consegna del prodotto. Poi, da appassionata di fotografia, promuovo le mie creazioni su Instagram e sui vari social affidandomi al potere delle immagini. Ammetto di aver ricevuto proposte da alcuni negozi ma ancora non credo sia il momento giusto. Almeno in Italia“.

 “Nei prossimi mesi, ho intenzione di creare una linea da uomo con borselli e portacarte. Per soddisfare anche quei fidanzati/mariti che, spesso spinti dalle compagne, si rivolgono a me per confezionare un regalo personalizzato” ci confida dimostrando come l’innovazione spesso si nasconde nella semplicità delle idee. E ognuno, con un pizzico di audacia, può manifestare l’intimo desiderio di cambiamento in un mondo in cui il Jobs Act è meramente un faro che abbaglia e travolge brutalmente attitudini e prospettive di futuro.