Benedusi. Altro che selfie: io non esisto

0

unnamed-4“Non è il prete che conta, ma la messa”. Esordisce così il fotografo Settimio Benedusi raccontando della sua ultima mostra aperta a Scalo Milano fino a primavera. O forse potremmo anche dire “non è il salumiere che conta, ma il prosciutto”, visto che lui non portava abito talare, ma un camice bianco che lo faceva somigliare a chi sta dietro al bancone per servire l’affettato migliore del pranzo di Natale. Divertente e divertito accoglieva la gente in uno spazio arioso pieno di luce nel nuovo centro commerciale di Locate Triulzi, per trasformarla in parte attiva della sua performance. L’ha intitolata “Io non esiste” e la spiega così:

“La fotografia è nata per rivolgere l’attenzione fuori da sé, verso il mondo. La macchina nascondeva il fotografo e l’obiettivo era rivolto a guardare davanti. Ora che sugli smartphone la lente sta anche dietro, si fanno tante foto rivolte a se stessi. Anche scattare alla pizza che stiamo mangiando è come ritrarre la propria faccia e interessa solo a noi. Io ho voluto fare un’operazione che annullasse il mio ego – per quanto possibile – per far parlare gli altri”

All’inaugurazione c’erano solo pareti bianche coperte da un lenzuolo?

“Sì, che ho levato per presentare l’opera ancora incompiuta. In mezzo alla galleria ho fatto costruire l’ennesima casetta (nera era quella in galleria Leica lo scorso anno, per il suo progetto sull’assenza, ndr): ho ritratto gli ospiti lì dentro,unnamed-5 poi stampavo in diretta e appendevo al muro con una sparachiodi. La mostra si è costruita perché la gente partecipava, io li ho aspettati dal 14 al 18 dicembre, avrei anche dormito lì se me l’avessero permesso, ma non è stato possibile”

Quanti visitatori hai appeso al muro?

“Per la precisione 553, perché il 554esimo non ci stava più da nessuna parte. Confesso che prima che tutto cominciasse avevo qualche ansia. Mi dicevo: se non viene nessuno, così lontano dal centro della città, la mostra non si farà. Però bisogna sapersi prendere dei rischi. Ed è andata molto bene, ho potuto dimostrare che la fotografia è utile ed è importante stamparla perché esista davvero”