Ingrassia: “Non mi interessa il successo”

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ingrassiaC’è un episodio OFF del tuo percorso che hai voglia di raccontarci?

“Io ho calcato tutti i palcoscenici dei “piccoli” teatri romani dal Ridotto del Teatro Colosseo all’Argot, certo sono tutti di un determinato livello, però erano e sono considerati off ed è molto bello. Ogni tanto mi piacerebbe ritornare con un bel progetto perché lì non provi la super ansia di avere una grande quantità di pubblico e di incassi, sai che vai lì per te stesso ovviamente non nell’accezione vanitosa o vanagloriosa dell’espressione.”

Con Serial Killer per signora, per la regia di Gianluca Guidi, anche in veste di co-protagonista, sarai in tournée da metà gennaio fino ad aprile 2017 e toccherai, dal 23 marzo al 9 aprile 2017 il Teatro Manzoni di Milano. In questa commedia musicale, tra i vari temi, emerge la spasmodica ricerca di successo e di attenzione mediatica. Tu, da artista, come la vivi?

“Personalmente non mi interessa, ancor più a cinquantaquattro anni. Senz’altro questa ricerca è molto viva, anche grazie ai social in cui ci sono pagine fan e ritengo sia più accesa tra i giovani colleghi.”

Come artista avverti l’“incubo” del viale del tramonto?

“Assolutamente no. Io penso che dipenda molto da come vivi questo mestiere, io ma anche Gianluca Guidi con cui ho condiviso diverse esperienze, lo portiamo avanti da molti anni in maniera molto leggera, senza mai prendersi sul serio, però facendo le cose in maniera serissima”

Il tuo personaggio, Morris, usa la caccia a questo killer per dar lustro alla sbiadita carriera attraverso una gara senza esclusione di colpi. Tu vuoi essere un vincente o un corridore?

“A volte vinci, a volte no, ma l’importante credo sia correre nella vita. Nella quotidianità corrono tutti, noi corriamo anche per portare i nostri figli a scuola, poi se ti ritagli del tempo per un caffè e ti rilassi un attimo è già una vittoria.”

Ne avete accennato con Gianluca Guidi durante la conferenza stampa di presentazione della stagione 2016-2017 del Manzoni di Milano. Nello spettacolo viene messo a tema anche l’amore molesto. Cosa ne pensi, visto anche l’imperare del femminicidio?

“Tutto il male possibile. Purtroppo se prima lo scoprivi dal telegiornale, adesso ogni episodio che accade ti viene sbattuto in faccia aprendo la pagina dei social network.”

Pensi che il teatro possa aiutare a sensibilizzare sul femminicidio?

“Non lo so onestamente. In teatro una persona viene per ascoltare una storia, non so fino a che punto possa incidere, chi è pazzo e compie certi atti è folle, punto. Non credo che il teatro possa far molto in tal senso.”

Certo, non tanto sul “carnefice”, ma ipotizzando una spettatrice vittima di amore molesto che viene a vedere una pièce…

“Purtroppo ormai la realtà ha superato la fantasia e quindi è più terribile leggere di un omicidio sul giornale che vederne uno ricreato, con il sangue finto, in palcoscenico.”

Non credi, quindi, al teatro che può far fare la catarsi?

“Io penso possano essere più efficaci le testimonianze di chi ha subito degli atti di violenza o un altro tipo di esperienza negativa, il teatro non so fino a che punto possa esserlo.”

Perché lo fai allora?

“In teatro si raccontano delle storie.”

Sì, però spesso ci sono legami anche con tematiche contemporanee…

“Non è detto. L’attore racconta una storia, deve fare emozionare. Poi, ahimè, spesso i giovani non conoscono gli autori ritenuti classici. Sulla carta lo smartphone potrebbe essere un grandissimo veicolo culturale, ci si potrebbe vedere una commedia di Pirandello giusto per dirne una, però non viene usato per questo. Mi spiace constatare che soprattutto i ragazzi sono intenti con le applicazioni a cercare, ad esempio, i pokémon. Quando hai una risorsa e la utilizzi male, non c’è niente da fare. Io ho la responsabilità di insegnare a mia figlia chi sia Shakespeare, ma non posso avere l’onere di un pubblico giovane, ovviamente se i ragazzi vengono a vedere un mio o un nostro spettacolo (inteso con Guidi, nda) e in qualche modo riusciamo a interessarli, ma al nostro mestiere allora mi fa molto piacere. Rispetto agli insegnamenti di vita non sono nessuno per farli, certo se vedo un uomo che sta alzando le mani su una donna magari intervengo, ma questo sta alla coscienza personale.”

Visto che molti grandi maestri sono venuti meno, avverti l’esigenza di trasmettere qualcosa alle giovani generazioni?

“Certo, io ho anche una scuola di recitazione (Fonderia delle Arti, nda), solo che è cambiato l’approccio dei ragazzi. Io insegno i miei valori, ho quindici allievi a corso, poi ognuno cresce in base a ciò che vive e vede. La gente non è più abituata alla gavetta, adesso ci sono le file chilometriche per prendere parte ai reality, se ti prendono e hai l’intelligenza di apprendere vai avanti, altrimenti torni a fare ciò che facevi prima e accade molte volte. Tenendo conto di tutto ciò, sono arrivato all’approccio secondo cui io dico delle cose a teatro, se ti piacciono e torni, va bene e mi fa piacere, altrimenti resta alla scelta personale. Non vuole essere cinismo il mio, ma presa di coscienza. Io ho molto a cuore i giovani, però dipende se loro sono sulla mia stessa lunghezza d’onda.”