Qualche giorno fa, sull’ammiraglia delle reti Mediaset, Canale5, all’interno di uno dei programmi di punta della rete, ovvero “Amici”, si è stati tutti testimoni di un “eroico” atto di coraggio da parte di tal Vittoria Markov, di professione ballerina e, a detta della stampa, dei giudici e dei suoi colleghi tersicorei, non esattamente longilinea. E qui, cioè sulla presunta “grassezza” della ragazza, apriti cielo, e giù una polemica come manco una grandinata in Tibet (paese non noto al mondo per la grandine, ma la similitudine beota mi piaceva troppo per non inserirla di getto). Ovviamente l’atto di coraggio in questione è stato, per chi non avesse seguito la bizzarra vicenda, sfoderare delle cosce non propriamente sottili: delle cosciotte massicce, non correlate da rotolini di grasso chiariamo, ma delle gambotte toniche, muscolose, ma a quanto pare, eccessive, almeno a detta di Garrison, dei social e di tutti i ballerini presenti. Invece tutti quelli che amano la danza, alla domanda: “Scusa ma davvero sta ragazza è ‘curvy’?”, rispondono con un laconico: “Quando balla non riesco a guardare altro…”
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Grazie al cielo i social network ci danno sempre incredibili soddisfazioni: si dividono, si auto-alimentano e danno straordinari spunti di riflessione, come le parole di tal Elisabetta: “Non è curvy lei! Sono le altre malate e inaccettabili, lei è un esempio sano per migliaia di ragazzine”.
Avrete già comunque capito che il succo della mia polemica non sta nel discutere se la vittima del massacro mediatico sia effettivamente grassoccia o meno, altri hanno perso tempo nel ricamarci sopra e lo hanno fatto decisamente meglio di quanto potrei mai fare io; il punto della faccenda, almeno per quanto mi riguarda, sta nell’essermi trovata davanti all’ennesimo abuso della parola “curvy”. Titoloni come:
“Vittoria, la ballerina curvy che infrange i tabù”, “Vittoria, la curvy che balla e che mette in piazza i suoi kili di troppo”, “Vittoria la Curvy” urlato tipo titolo nobiliare, mi hanno confusa non poco.
Insomma io sta cosa del “curvy” la capisco sempre meno. Chiariamo, io adoro le donne formose e proprio per questo, perché cosciente del fatto che esistano vari livelli di “curvanza femminile”, ho sempre cercato all’interno del dizionario italiano parole che differenziassero una fisicità dall’altra, qualcosa che non mortificasse nessuno e che non generasse tutto questo caos linguistico: tra l’altro perché il 2016 è stato indubitabilmente l’anno di Candice Huffine, meravigliosa modella americana, faro della moda conformata; leggende metropolitane raccontano che sia un meraviglioso esemplare di mammifera umana alta un metro e ottanta per novanta kili; una matrona, splendida e “Curvy”.
E qui mi casca l’asino mediatico: io non colgo, non vedo l’attinenza, il fil rouge che lega la nostra ballerina di Amici dalle cosce forti e la pancia piatta a questa meravigliosa donnona regina delle passerelle americane. Candice Huffine taglia 46, sesta di seno, morbidezza che va dalle spalle al girovita, temo non abbia molto in comune con la nostra eroina dalla faccia da bambola e la vita sottile.
Io non capisco.
O meglio, capisco che all’interno della parola “curvy” sia indicata qualunque donna sopra la 42, capisco che la situazione sia sfuggita un tantino di mano a giornalisti e testate di moda varie ed eventuali, capisco come tutta questa confusione e pigrizia mentale (già, perché ostinarsi in questo modo a non attingere al dizionario per trovare altre definizioni, è solo sintomo di pigrizia) stia generando nuove paranoiche (non “paranoie” prego). Non capisco come si possa fare in questo modo di tutta l’erba un fascio; non capisco come ci si possa prendere a cuor leggero la responsabilità di creare nuove paturnie mentali; non capisco come si sia arrivati a dividere la donna in due: “donna taglia 40” e “donna curvy”. La prima categoria da venerare (poeticamente parlando) e viziare, la seconda da “capire” e spesso “compatire”. Intollerabile davvero. La donna, già per sua natura creatura con una vita non esattamente agevolata, spesso e volentieri sottovalutata e data per scontata, adesso si ritrova pure a venire divisa in due da qualche David Copperfield sadico e cinico. “Curvy” urlato come se fosse una condizione fisica paragonabile ad una malattia nonostante gli sforzi epici di più e più incluencer di ricordare al mondo che la “Donna è donna. Volendo si dividono in belle e brutte, non in tonde e secche!”.
Quando a Seneca chiesero di dare una definizione di schiavo, senatore, fabbro, contadino, mercante, rispose che era la stessa per tutti: uomini. E se l’ha fatto Seneca che era un figo, si inizino a interessare di quanto vale e cosa sa fare una donna, indipendemente dal suo girovita!
Si stupiranno, considerata la loro miopia intellettuale, di fronte ad un elenco di pregi inimmaginabile. Da ultimo, vorrei suggerire a questa nutrita folla di misogini travestiti da fini pensatori e pedagoghi, di fingere almeno per una volta di aprire il dizionario dei sinonimi ed essere per un attimo quello per cui dovrebbero essere pagati: esempi di umanità curiosa, con qualcosa da dare al mondo, gente che dovrebbe insomma fare la differenza e non limitarsi a marcare sempre in rosso le differenze; cosa siete, uomini o frustrati correttori di bozze?