
L’essenza è tra parentesi. Quelle del titolo: La scuola (peri)patetica di Marco Premoli (Edizioni 0111, pp. 152, € 14.50). Se le togliamo, abbiamo la gloriosa scuola di Aristotele ad Atene, in cui il filosofo passeggiava circondato da studenti intelligenti, veneranti, attenti, colmi di domande acute. Se le rimettiamo al loro posto, resta la scuola italiana. Soprattutto nelle sue varianti più ingloriose: istituti periferici, in cui si riuniscono quelli bocciati più volte, qualche figlio di pregiudicati o condannati, discoli allo stato puro.
Qui finisce per fare il supplente di fisica il nostro autore, Premoli, artista, maestro steineriano, precario per definizione in una società in cui di definitivo, professionalmente e forse anche umanamente, è rimasto niente. Ma non si pensi a un libro lamentoso sullo stato di disfacimento della scuola patria. Tutt’altro. Quella dell’autore tra ragazzi sottostimati, “anime abbandonate alle armi di distrazioni di massa”, lontani anni luce dalla bellezza e dalla cultura, è un’avventura umana piena di humour, tenerezza e un’infinita empatia umana.
Lo scrivente deve aver conservato un cuore da bambino per capire tanto bene quei ragazzi scapestrati e bestemmianti, un autentico terrore per i colleghi più borghesi. Ma non per lui. Che tira fuori un repertorio di contromosse degne di un giocatore di scacchi, per esempio quando intona un Abendlied di Rheinberger in tedesco, seguito dall’aria La calunnia è un venticello da Il Barbiere di Siviglia strappando applausi e confidenze. La scuola dovrebbe essere presa così: con la passione per l’insegnamento e la compassione per chi sta dietro i banchi. E con tanta ironia, insegna Premoli, cantante lirico prestato alla supplenza che di ruolo – ne siamo certi – sarebbe un professore indimenticabile.