“Madri. Perché saranno loro a cambiare il nostro Paese”, (Rizzoli, pp.187, Euro 17), nasce da un’immagine. Quella di Toya, madre nera che va a tirar via suo figlio, a suon di schiaffi, da un corteo pericoloso. E prosegue con degli incontri con madri famose e sconosciute, ignote e dimenticate, eroiche e ordinarie. A cominciare da Sandra, che a vent’anni, innamorata e incinta, sceglie di prendersi cura di un neonato non suo, un bambino imperfetto, perché possa morire tra le braccia di una madre. Poi Giuseppina, due volte mamma insieme alla sua compagna Raphaelle. Cecilia e la sua battaglia per scoprire la verità sulla misteriosa morte del figlio avvenuta in Messico. Gabriella e l’amore smisurato per un figlio ingombrante come Fabrizio Corona.
Ma le storie raccontate da Myrta Merlino, volto di La7 e conduttrice di “L’aria che tira”, sono tante. E sono state le protagoniste di una serata speciale che ha conquistato il pubblico di Capalbio Libri, il festival del piacere di leggere in piazza, ideato da Andrea Zagami, con la direzione editoriale di Denise Pardo, organizzato dall’agenzia di comunicazione integrata Zigzag. Storie di ordinario amore, storie di straordinaria quotidianità, per raccontare un dono da proteggere e da rilanciare: quello dell’essere madri, fondamentale tanto per la famiglia quanto per la stessa società.
Come questi racconti hanno modificato il tuo essere madre?
Ho appreso tantissimo da questi racconti. A volte si pensa che la maternità, come tutti i grandi amori, ti dà il senso di unicità, come se queste cose accadessero solo a noi. Una esperienza fortissima, ma anche di grande solitudine, perché quando hai un problema con tuo figlio ti senti effettivamente sola, senza avere gli strumenti per risolvere i problemi. Dopotutto il mestiere della madre è quello più difficile, ma non te lo insegna nessuno. Lo si apprende solo con l’esperienza. L’incontro con le donne che ho intervistato mi ha messo in rapporto con un pezzo del mio essere madre, con pregi e difetti, con la forza di questo sentimento e con tutti i rischi che ne conseguono. Sono una mamma innamorata pazza dei miei figli, c’è talmente tanta tenerezza che corro il rischio di non saper dire “no”. Ma a volte l’amore deve far male. E se non fa male, allora quello non serve.
Com’è stato il rapporto con tua madre?
E’ stata una mamma molto speciale: lei è una sessantottina, insegna cinese, ed è stata un anno in Cina quando ero piccola. Non è mai stata accudente e tradizionale, ma forte, libera, femminista. Quando ero piccola tutto ciò mi metteva a disagio, perché avevo una mamma diversa, che parlava e vestiva in modo diverso, lavorava e viaggiava. Poi, dopo l’adolescenza, è diventata un modello da imitare. Perché la maternità non è un’alternativa alla propria vita, ma una condizione naturale dell’essere donna. E’ difficile, richiede fatica, ci vuole un fisico bestiale, ma si può fare senza arrivare a rinnegare se stesse. E questa è una cosa che in Italia bisogna dire, é un messaggio di cui la politica deve farsi promotrice.
Come?
Si pensa che essere madri comporti una rinuncia al proprio iter professionale: dimissioni in bianco, come se la maternità diventasse una colpa e comportasse una minore rendita professionale. Invece bisogna sottolineare l’importanza del diventarlo, altrimenti il Paese non cresce, non progredisce, non migliora. Il Paese deve aiutare ad essere madre, e occorre ridare dignità al ruolo di madre. Per anni mi sentivo mortificata quando dovevo portare avanti professione e famiglia. Oggi sono una donna adulta, forte, serena, e dico che il diventare madre non deve e non può essere una colpa.
Hai mai pensato di non farcela?
Tantissime volte, quasi ogni giorno, soprattutto quando erano piccoli. Era difficile quando si ammalavano e io andavo a lavorare, o quando prendevo giorni di permesso dal lavoro per stare con i figli. Tante volte ho pensato che era una pazzia tenere insieme questi due mondi. Una volta, in ospedale per mio figlio che ha avuto un incidente col motorino, sono dovuta andare via, dopo ore di attesa, per non bucare una diretta: ho chiamato mio marito perché venisse al mio posto. Mi sono sentita una madre pessima, con sensi di colpa durati mesi. Oggi sono una mamma risolta, positiva, che non sto addosso, pienamente realizzata. Forse se avessi rinunciato a tutto per loro sarei stata rancorosa, negativa, piena di sensi di colpa. E sarei stata una madre peggiore. Il mio amore per loro è totale e sono la mia priorità, e non li ho mai considerati un freno.
Ti hanno mai fatto pesare questa scelta?
Da piccoli tante volte, quando non andavo a prenderli a scuola, ad esempio. Odiavano il mio telefonino, perché mi portava sempre lontana da loro. Oggi ci ridono, mi guardano mentre litigo al telefono, e mi dicono “poveretta, non stacchi mai”, quasi divertendosi. Ma sanno che se c’è bisogno di me, io ci sono. E che per me loro sono il mio grande amore. Le mamme non devono diventare supermamme: si devono mostrare con tutti i loro difetti e dubbi.
Parliamo di televisione: da anni sei il volto di La7, ma non hai mai deciso di cambiare?
Ho un rapporto forte con il pubblico, io sento loro come loro sentono me. E il programma, che va in onda in una fascia oraria difficilissima, all’inizio era di appena ventitré minuti e ora dura due ore e mezza! Quando hai cresciuto la tua creatura e devi mollarla, devi farlo per un progetto in cui credi da morire. La trasmissione la sento “mia”, sulle mie corde e con i miei tempi. Cairo mi ha proposto la fascia serale, ne abbiamo discusso, ma “L’aria che tira” è la base.
Hai mai avuto richieste da Rai e Mediaset?
Ci sono stati degli approcci, una proposta importante. Se l’avessi accettata ne avrei parlato. Ma La7 ha una qualità molto rara, nonostante sia piccola e abbia dei difetti, per carità. Poi negli ultimi anni c’è stata una cura dimagrante sui costi, quindi il lavoro è faticoso. Ma c’è la libertà: io non ho mai ricevuto una telefonata dall’editore per dirmi quello che devo o non devo fare. Per chi fa il mio mestiere, questo è impagabile.
Che rapporto hai con Cairo?
Un rapporto di grande rispetto: lui è visionario ma anche molto pragmatico. Ha realizzato una grande impresa nonostante nessuno pensasse che ce l’avrebbe fatta. Ma è una persona molto attenta e sa stare sul pezzo. E’ un editore proprietario, che tira fuori i soldi e questo pesa nel bene e nel male. Quello che mi piace è che ci mette sempre la faccia e questo in Italia è una rarità.
A cosa non sapresti dire di no, televisivamente parlando?
Sanremo, mi piacerebbe un pezzo di un grande show nazional popolare dove fare la mia parte. Anche non da conduttrice.
E cosa sogni, sempre in tv?
Mi piacerebbe uno show alla David Letterman, che fonda ironia e informazione. Ho scoperto in me la capacità di scherzare, ironizzare, sdrammatizzare, e questo c’è poco in tv, che è molto rivendicativa e cupa. Mi rendo conto che il paragone è un po’ ambizioso, ma questa cosa mi attira, mi incuriosisce. In realtà non l’ho ancora proposto, ma sento che ci sono delle potenzialità.