Capita spesso quando si fanno delle interviste che l’intervistato non muoia dalla voglia di raccontarsi. Capita quasi sempre che rifletta un bel po’ prima di rispondere, per cercare le parole più appropriate, più belle o più convenienti. Tutto questo non è capitato con Artù, che non si preoccupa di indossare la maschera dell’artista. Men che meno di nascondere l’inflessione dialettale. Trentaquattro anni, al secolo Alessio Dari, il cantautore romano che ha rubato il nome al celebre cavaliere della tavola rotonda è come la sua musica: diretto e genuino. Una spontaneità irresistibile, oggi merce rara, che non è sfuggita alla Sony, con cui ha firmato un contratto pochi mesi fa. «Il mondo si è fermato a marzo. E’ successo tutto insieme, così velocemente che ancora non ci ho capito tanto» confessa Artù. C’è una lunga schiera di musicisti, giovani e meno giovani, che farebbero carte false per essere scelti dalla regina delle major. Ne è consapevole Artù, che dice: «Credo che li abbia convinti il fatto che non ho sovrastrutture, quando scrivo sono schietto. Oggi cercano tutti di scrivere cose complicate per essere fighi, ma ciò che vince è la semplicità. Se scrivi in modo sincero la gente lo percepisce». E’ dunque la Sony ad avergli pubblicato il suo secondo album, Tutto passa. Un titolo che «è un messaggio di speranza, perché passano le cose belle come quelle brutte, il cambiamento è sempre possibile». A spianare la strada al disco è stato il singolo Roma d’estate, canzone d’amore e odio per la sua città. «Anche se sembra strano, amo ed odio le stesse cose» spiega. «E’ un po’ come quando ti innamori di una donna e lei ti fa stare male perché è lontana o distratta, ma lo ami anche per quello. Lo stesso mi succede con Roma: soffro quando la vedo stuprata, massacrata, ma poi scopro che mi piace perché non ha padroni, vive di luce propria, non si fa governare da nessuno». Tra le canzoni dell’album anche Giulia domani si sposa, composta insieme ad Alessandro Mannarino. «E’ nata per caso dopo pranzo, a casa di Alessandro. Lui stava lavando i piatti, io ero in salone con la chitarra in mano. Con un botta e risposta abbiamo terminato il pezzo in mezza giornata». «Non credo nelle collaborazioni scritte a tavolino ma in quelle spontanee» puntualizza Artù, che però, se proprio deve pensare ad un collega con cui lavorare, non ci riflette un istante e risponde di getto: Vasco Rossi. Il rocker di Zocca è tra i suoi punti di riferimento insieme a Francesco De Gregori, Luigi Tenco, Lucio Dalla e Rino Gaetano. E’ a quest’ultimo che è stato paragonato: «Incredibile…» commenta, sottolineando che si tratta di un paragone troppo alto. «Credo che in comune abbiamo l’ironia, il fatto che urlo, ma la mia scrittura è più immediata». «Ora che ci faccio caso, Giulia domani si sposa è l’unica canzone scritta dopo pranzo» nota Artù. «I miei brani nascono la sera, dalle dieci in poi, visto che soffro di insonnia. Vengono fuori quando meno me l’aspetto». In questi testi il finalista di Musicultura non ha peli sulla lingua, proprio come nella vita, ed esprime il malcontento senza perdere la speranza. Lo abbiamo visto di recente al Coca Cola Summer Festival, lo ritroveremo da ottobre in tour nei club della penisola.
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