E’ di nuovo caos alla Scala di Milano. Si è infatti conclusa con l’ennesima protesta del corpo di ballo scaligero la conferenza di presentazione della stagione di balletto 2016/2017. I danzatori (circa una cinquantina) hanno invaso il ridotto dei palchi – dove si è svolta la conferenza stampa – chiedendo un incontro urgente con il sovrintendente Alexander Pereira. Incontro richiesto per discutere di una programmazione che definiscono «sbilanciata». Facciamo, dunque, il punto della situazione partendo da ciò che il cartellone ha in serbo.
Sono sette i titoli programmati, per un totale di nove balletti (essendo due serate strutturate in dittico). Tre le creazioni nuove di zecca, dalla Shéhérezade affidata a Eugenio Scigliano alla serata su suite per clavicembalo e musiche da camera di Handel, firmata da Bigonzetti (con l’immancabile Svetlana Zacharova stella ospite), fino al progetto più sperimentale: una coreografia che vede impegnati per la prima volta come coreografi i tre ballerini scaligeri Marco Messina, Matteo Gavazzi e Stefania Ballone. In chiusura di stagione, invece, troviamo due super-classici del repertorio: Sogno di una notte di mezza estate di Balanchine e il Lago dei cigni di Ratmansky. Mauro Bigonzetti, direttore del corpo di ballo dallo scorso marzo (è stato nominato dopo le dimissioni improvvise di Makhar Vaziev), parla di una programmazione che vedrà “un corpo di ballo sempre più protagonista privilegiato, grazie a creazioni cucite su misura, che potranno quindi valorizzare al meglio gli interpreti”.
Dal canto suo, Pereira ribadisce l’importanza che vuole dare al balletto, che si andrebbe a palesare con la scelta di aumentare il numero delle recite da 60 a 90 con più spettacoli all’estero e con lo spazio concesso alle nuove produzioni, che a suo parere dovrebbero rendere la stagione più interessante e richiamare anche i critici stranieri. Peccato, però, che i diretti interessati non la pensino allo stesso modo. I danzatori protestano perché dal loro punta di vista il programma è troppo poco classico, e dunque non in linea con la tradizione di una Compagnia come quella della Scala, di estrazione classica. “Rischiamo di perdere la nostra identità” lamentano, “e di trasformarci gradatamente in una compagnia d’autore”. Inoltre, il cartellone così concepito, che relega gli impegnativi titoli di repertorio in estate, può compromettere la forma fisica dei professionisti (“Per poter affrontare dei balletti classici – sottolinea un portavoce – non si può stare a lungo senza l’opportuno allenamento”). La richiesta è quindi che “si rivedeva la programmazione” e si sposti una data, in modo da intervallare ballo classico e moderno. Una possibilità, questa, già quasi del tutto esclusa dal sovrintendente Pereira. E dire che non è la prima volta che c’è aperto e palese malcontento da parte dei danzatori, anche se le rivendicazioni in passato erano di tipo diverso. Soprattutto, non si può non pensare che questa situazione poco piacevole – per non dire incresciosa – si sarebbe potuta evitare, visto che è solo l’ultima di una lunga serie. Per intenderci meglio, basta farsi ritornare alla mente (e come dimenticarlo?) lo scandalo allestimenti che ha visto protagonista Pereira. Dopo il contestato acquisto per conto del teatro del Piermarini di quattro opere dal Festival di Salisburgo (in pratica da se stesso, visto che dirigeva ancora l’istituzione austriaca) aveva deciso a maggio 2014 di accettare la decisione, presa dal consiglio di amministrazione della Scala, di rimanere come sovrintendente soltanto fino al 31 dicembre 2015. Fino a che il cda non l’ha riconfermato per altri cinque anni. Come se non ci fosse nessun altro in grado di sostituirlo e, magari, di fare di meglio.
Le polemiche (è proprio il caso di dirlo) ballano, ma i sederi sulle poltrone rimangono immobili. Speriamo, intanto, che ritornino a ballare con condizioni favorevoli anche i danzatori milanesi, che hanno dimostrato di voler continuare ad assicurare un lavoro di qualità al teatro. E’ chiedere troppo?