Milanese D.O.C. e nostalgico figlio dei fiori. Mario Lavezzi, nonostante i suoi 68 anni, non si ferma mai. Oltre ai dischi della sua etichetta, anche tanta energia da vendere. Lo scorso 5 marzo, si è raccontato al pubblico del Bluenote, noto jazz club di Milano, creando subito un’atmosfera accogliente, quasi familiare con il pubblico. Mario su quel palco sembrava proprio uno di noi. Un repertorio musicale da brividi con “È l’ora dell’amore” dei Camaleonti, “Vita” scritta per Lucio Dalla e Gianni Morandi, “Il primo giorno di primavera” dei Dik Dik e tante altre. Tanti ricordi ma anche qualche assaggio di novità. Un duetto strepitoso con Alexia ne è stata la prova. Al momento molto impegnato su più fronti, con un minimo comun denominatore: i giovani. In corso il “Campus Band Musica e Matematica”, un talent ideato per le giovani band studentesche fino ad un massimo di 25 anni, valutate da professionisti del settore, non solo per le capacità tecniche ma anche creative.
Tra aneddoti, pensieri e riflessioni, Mario Lavezzi si racconta ad OFF.
Come mai avete scelto questo nome per il concorso?
Il nome del concorso “Campus Band Musica e Matematica” non è casuale. Un po’ fa riferimento al target studentesco a cui ci rivolgiamo che tra una materia e l’altra, dedica tempo alla musica e un po’ perché musica e matematica vanno di pari passo. Ne parlava già Pitagora di questo binomio, citando Pierre Boulez con la frase “La musica non può progredire senza l’ausilio della scienza”. Se si pensa agli strumenti e alla tecnologia che ha permesso alla musica di esistere. Il metronomo per esempio, è lo strumento che scandisce il BPM (battito per minuto, chiamato più comunemente tempo) e lo divide in ottavi, quarti… è importante sa! Senza il tempo saremmo perduti… anche se a volte nella musica, l’importante è arrivare.
Arrivare dove? Si spieghi meglio…
Arrivare al cuore, all’orecchio della gente. Il tempo è un qualcosa di tecnico, di matematico appunto. Gli artisti seguono le loro emozioni: improvvisano. Ci vuole comunque una certa destrezza anche per quella. Chi comunque la musica la mastica tutti i giorni, impara l’importanza del tempo a lezione di solfeggio. Io, per esempio, sono uno tecnico. Nasco come musicista perciò seguo il tempo per istinto. Infatti senza il mio metronomo sul cellulare sarei perduto!
L’ultima volta che ha composto una canzone?
L’altro giorno al supermercato con mia moglie. Ero fuori che l’aspettavo quando all’improvviso è nato un motivetto nella mia testa. Mi è bastato aprire l’app e registrare la mia voce. Senta! (mi fa sentire con entusiasmo la melodia canticchiata in macchina)
Prima si è definito uno “tecnico” in ambito musicale e che quindi improvvisa ben poco. Nella vita invece?
Come ho detto, provengo da una formazione musicale strumentale che per forza di cose mi ha impostato in una certa maniera. È inevitabile! Io nasco come artista negli anni 70, epoca clou dell’improvvisazione in tutti i sensi. Il Carpe Diem, la libertà, l’amore libero, i figli dei fiori… Era impossibile non lasciarsi inghiottire da questo turbine di vita! Quindi sì, ho dovuto “improvvisare”! Nella musica ancora di più! Si giocava molto con i battiti delle canzoni, anche per renderle più incisive. In “mi ritorni in mente” di Lucio Battisti (mi spiega canticchiandola) si sente proprio il variare del tempo. Ornella Vanoni è un’altra cantante emotiva, canta d’istinto e del tempo scandito nelle cuffie dei suoi batteristi durante i concerti, se ne frega! È realmente impossibile starle dietro!
Leggevo nella sua biografia che ha iniziato giovanissimo a fare musica. A soli 14 anni suonava nei Trappers. Che ricordi ha di quei tempi?
Sicuramente bei ricordi. Ci divertivamo molto, la musica era la mia passione, che cosa potevo chiedere di meglio?! Ho imparato a suonare la chitarra su una panchina in Piazza Napoli con il mio amico Frank Bastoni. Sentivo già il richiamo della musica, dovuto anche alla forte presenza delle band in quegli anni. Vedevo I Camaleonti, poco più grandi di me, che suonavano nelle scuole e in giro per Milano come special guest. Così nel ’63 ho dato vita ai Trappers. A quei tempi non c’erano le discoteche a Milano, l’unico intrattenimento per i giovani era la musica dal vivo. Noi eravamo le star e alle ragazze piacevamo molto, finchè non è arrivato Teo Teocoli come cantante e ce le ha portate via tutte!
Riusciva a conciliare scuola e musica?
(sorride) Io a scuola non andavo molto bene, la mia passione è sempre stata la musica. Ho conseguito un diploma in ragioneria che non ho mai sventolato. Credo però che la musica mi abbia educato e forgiato. Dovrebbe essere una materia obbligatoria nelle scuole, come l’arte.
Programma televisivo preferito?
Amici di Maria De Filippi mi piace molto, lo seguo sia per lavoro che per interesse personale
Le interessava anche prima di collaborare con Deborah Iurato, vincitrice della 13esima edizione? Cosa le è piaciuto di Deborah?
Sì, la mia etichetta ha prodotto ben 5 compilation per Amici quindi lo seguivo con interesse anche prima di Deborah. Di lei mi ha colpito la capacità interpretativa. La voce ce l’hanno in molti. C’è da lavorare molto, la nostra missione non finisce con la vincita di un talent e con Sanremo. Abbiamo solo messo un primo mattone ma ora è il momento di dare una svolta e fare il salto di qualità.
Cosa fa secondo lei di una canzone un successo?
L’alchimia. L’unione tra la canzone e chi la canta. È tutta una questione emotiva che fa si’ che le persone si identifichino con la musica in generale. Si ricorda la Pausini con “Marco se n’è andato e non ritorna più” (lo dice canticchiando) …? Ecco quella è una canzone magica, di successo, perché la si ricorda nel tempo e fa viaggiare tra emozioni e ricordi.
Lei ha una canzone “magica”?
Ne ho tante ma dopo il live a Milano, mi è stato detto che “Mondo Blu” ha proprio emozionato e fatto tornare tutti più giovani. Erano bei tempi, anni di scoperta e rinascita…
Lo dice con un tono quasi malinconico…
Un po’ di malinconia mista nostalgia c’è. Non lo nego. Voi giovani siete cresciuti nel corso di un periodo di decadenza rispetto ai nostri tempi. Vi sembra di avere tutto, ma noi rispetto a voi, ci sentivamo i padroni del mondo. Gli scontri sociali di quell’epoca ci hanno reso solo più forti. Oggi non potreste dire la stessa cosa.
Cosa pensa della musica contemporanea?
Ho parecchio senso autocritico ma quando c’è da criticare gli altri mi trattengo molto. La musica in generale oggi si può misurare più per quantità che per qualità. Le radio sono stracolme di canzoni, facilmente dimenticabili. Ai miei tempi, le canzoni erano poche e le sapevamo tutte a memoria. Non è sempre colpa dell’artista comunque. Non del tutto almeno. Le case discografiche mettono fretta si sa, e il risultato è quello che è.
Cantante straniera preferita?
Beyonce. La trovo spettacolare.
Tornando sul discorso “Campus Band”, che ruolo avrà la tua casa discografica in questo concorso?
Un ruolo chiave direi. La band vincitrice infatti avrà la possibilità di produrre e pubblicare un loro singolo eseguito in finale, oltre a due borse di studio: una assegnata presso il Centro Europeo Toscolano, scuola fondata da Mogol e l’altra presso il CPM di Milano, scuola musicale rappresentata da Franco Mussida, compositore e cantante italiano oltre che membro fondatore della Premiata Forneria Marconi. Oltre alla partecipazione di una radio nazionale che garantirà la messa in onda del brano vincitore.
Ma lei è instancabile. Starà mica pensando a un nuovo album…
Sono i giovani che mi danno questa energia e io ricambio molto volentieri. Per quanto riguarda l’album non ho nessuna casa discografica che mi corre dietro per fortuna, perciò nessuna fretta! “Ho già dato” come si suol dire. Avrei una mezza idea per il 2017 ma chi lo sa… Per il momento di album in cantiere, oltre a quello di Deborah, quello di Alexia. È una potenza racchiusa in una “piccola” grande donna! Il suo intervento canoro durante il mio live al Bluenote è stato solo un assaggio di ciò che sarà poi la nostra collaborazione. Non cambiate canale!