Tre città, una mostra fotografica. Roma, Parigi e New York raccontate attraverso le polaroid mosaico di Maurizio Galimberti con un percorso espositivo in cui protagonista è il tema del viaggio, reale o sognato. Il fotografo ritrae luoghi e personaggi “mitici” tra sperimentalismo e avanguardia futurista. Dal 10 marzo al 10 aprile, la neonata galleria “SpazioMR. Arte e Architettura”, in via del Babuino a Roma, ideata da Marco Riccardi con la curatela di Alessia Carlino, ospiterà “Mytographie”, progetto creativo che, più che una classica esposizione, vuole essere la narrazione di una storia raccontata dagli scatti fotografici di Galimberti. Interiorità artistica e costruzioni paesaggistiche proposte con una chiave di lettura contemporanea e poetica che accompagna lo spettatore in un viaggio introspettivo, fatto di immagini. C’è il sapore narrativo del flusso di coscienza di James Joyce nelle opere del fotografo che si serve, con il suo personale punto di vista, di un linguaggio visivo, fatto di metamorfosi e trasformazioni estetiche, che non abbandona l’intenzione di rappresentare “un’immobilitità viva”. Perché, se il compito di un artista della fotografia è quello di immortalare l’istante con uno sguardo stilistico personale, Maurizio Galimberti, attraverso contaminazioni metropolitane e scenotecniche, che provengono dal suo background culturale, costruisce nelle polaroid, plasmate e manipolate quasi fossero tele pittoriche, fascinosi spazi illusori, dall’effetto optical. Luoghi che contengono elementi tipici dell’intimità familiare ma si declinano in nuove prospettive di osservazione, più ampie e complesse. Se però nella letteratura joyciana il fluire delle idee e dei pensieri nei personaggi è del tutto casuale e disordinato, al di là di una cornice spazio-temporale confezionata e definita, nel percorso espositivo dell’artista comasco la logicità della rappresentazione è il filo conduttore del viaggio fotografico. Galimberti, accompagna l’osservatore in una dimensione astratta, decostruita, in cui la raffigurazione del mito diventa interpretazione estetico-figuartiva del contemporaneo, oltrepassando il concetto classico di “icona” con un simbolismo nuovo e dalle sfumature dadaiste.
Con “Mythographie” l’artista omaggia l’estetica post-moderna con immagini di architetture urbane e panoramiche a cui si fonde lo sguardo intimista del ritratto umano. Come quelli di Lady Gaga o di Johnny Depp, quest’ultimo realizzato per il Festival del Cinema di Venezia nel 2003 e successivamente scelto per la copertina del mese di settembre del magazine Times. Da rinomato ritrattista, nel suo itinerario fotografico, Galimberti non dimentica i celebri portrait in cui personaggi del mondo del cinema, della musica e della cultura vengono immortalati nelle istantanee, fuggendo l’aura mitica e diventando effigi del privato e del quotidiano. Spazi architettonici, paesaggi, volti, raffigurati attraverso una sola tecnica, quella del “Mosaico”, che in maniera armonica ed equilibrata, tassello dopo tassello, Maurizio Galimberti compone e scompone creando nelle polaroid un unicum ambivalente, in cui si alternano ricerca del ritmo e del particolare. Con il risultato di una singolare alchimia visiva ed emozionale.