Oltre le certezze dove regna il divino e l’irrazionale

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L’Occidente ha perduto la sua tradizione separando l’uomo dalla natura e dal divino. Questo l’assunto di partenza di un grande musicologo francese Alain Danielou che dedicò tutta la sua vita allo studio delle credenze e dei rituali antichi in stretta correlazione con lo Shiva, i canti sacri, le sonorità perdute. Lasciarsi ipnotizzare dall’irrazionale, lavoro sulla vocalità, danze tribali, perdita di presenza di demartiniana memoria. Le note di regia di Daniele Salvo promettono e annunciano: recitazione non stilistica, abolizione degli elementi esibiti o innaturali, non ci saranno intenti dimostrativi -e poi ancora-tutto deve partire dal testo per poi tornarvi.
Al Teatro Vascello fino al 13 marzo si presentano le Baccanti di Euripide in questo spettacolo dal titolo Dionysus, il Dio nato due volte. Rileggere il Teatro Greco non è una ricerca nella gloria del passato o un compiacimento nella bellezza formale, non è una perfezione estetica. Sentiamo un’attrazione verso qualcosa che risuona dentro di noi e che è nel nostro “profondo”. Conosciamo la nostra origine? Mettere in scena una tragedia greca è un atto di perdita delle nostre certezze. Attraverso la perdita della certezza si può riflettere sulla nostra natura umana. Lo spettacolo – sempre dal programma di sala – non vuole citare la sperimentazione di ricerca degli anni 70/80. Salvo infatti predilige il cinema: Tarkovsky, Herzog, Terrence Malick e  anche Quentin Tarantino per un certo gusto “splatter” e granguignolesco di mani, scheletrini, teschi, teste mozzate, uso costante e interattivo delle videoproiezioni. L’immagine della prima apparizione di queste menadi sospese e riflesse è molto bella, lo spettacolo curato nei dettagli, è sovrabbondante, carico di segni. Tuttavia le scene più toccanti sono proprio quelle affidate al solo interprete: i messaggeri di Melania Giglio e Simone Ciampi, il cruento duetto finale tra la spiritata Agave(Manuela Kustermann) e il terragno e stralunato Cadmo(Paolo Bessegato), o il travestimento di un bravo e giovane attore (Ivan Alovisio) nei panni di Penteo, colui che osò sfidare il dio sul monte Citerone. Applausi convinti di un pubblico numeroso formato anche da attente scolaresche.