L’ultimo spettacolo di Alberto Oliva regista e Mino Manni interprete e drammaturgo è un singolare excursus sul “Don Giovanni” di Puskin che sposa la parola a un’ensemble di raffinate musiche e di ballate originali desunte dal repertorio del poeta russo adattate con molta intelligenza al divenire dello spettacolo. Uno studio che si rifà, più che alla sterminata scrittura di tutti i Don Giovanni possibili, all’immaginario cinematografico dei classici del Novecento. Con la statua del Commendatore che nel suo cereo profilo ricorda il candore degli “Enfants du Paradis” di Prevert e dei consimili saggi filmici di Renoir e Cocteau. Ma anche un omaggio alle “Statue movibili” di Petito e a certa scanzonata allegria dell’avanguardia anni sessanta. Ne è nato uno spettacolo coerente tra cui spicca la presenza femminile della nerissima Marta Ossoli e della biondissima Guenda Goria. Con un elogio per entrambe data la qualità del loro canto. Mentre il protagonista Manni disegna un Don Giovanni inconsueto che lascia presagire, per il futuro, altre impegnative prove. E infine l’importanza della regia di Oliva che si rivela altamente sofisticata.