Per Heidegger l’ermeneutica è invenzione medievale

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John Duns Scoto
John Duns Scoto

Quando l’oggetto del contendere sono i Quaderni neri si sprecano fiumi d’inchiostro. Se invece esce un libro di Martin Heidegger, per quanto importante sia, striscia il consueto silenzio stampa che penalizza gran parte dei libri di filosofia.
Questo è accaduto – almeno finora – per La dottrina delle categorie e del significato in Duns Scoto (a cura di Antonello D’Angelo, Edizioni Mimesis, pp. 262, € 24), che non ha registrato alcuna recensione. Di Martin Heidegger si è parlato anche troppo, per lo più a sproposito, con toni irriverenti o più spesso insultanti, in questi ultimi due anni. Un po’ come se il grande pensatore tedesco, voce possente dell’esistenzialismo, avesse passato il tempo a prendere appunti antisemiti, anziché scrivere opere capitali per la storia della filosofia. La polemica ha avuto la meglio sulla sostanza.

Ora Mimesis prova a raddrizzare il tiro e riparte quasi da zero, restituendoci il giovane Heidegger alle prese con la tesi per l’abilitazione, discussa nel 1915 sotto la direzione di Heinrich Rickert e pubblicata l’anno successivo. Si conoscono, per sommi capi, i maestri ispiratori dell’autore di Essere e tempo. Lui stesso ebbe a scrivere, in Ontologia. Ermeneutica dell’effettività, che “Compagno di ricerca è stato il giovane Lutero e modello Aristotele che quello odiava. Alcune scosse le diede Kierkegaard, e gli occhi me li ha aperti Husserl”.

3Suggestioni non secondarie gli erano venute dallo scozzese Duns Scoto, vissuto nel XIII secolo – che tanto aveva indagato i rapporti tra teologia e filosofia – nel cui pensiero Heidegger aveva trovato spunti contemplabili nel mondo contemporaneo. Interessanti le indagini sulla realtà logica e psichica e sul linguaggio, ma anche la riflessione sull’uomo medioevale il quale “non è, in senso moderno, presso sé stesso – si vede sempre implicato in una tensione metafisica”. Un viatico per valutare il punto di vista di un’umanità remota nel tempo e sconosciuta. Perché l’uomo moderno ha perduto l’afflato verso il divino, cosicché gli risulta misteriosa l’epoca della Scolastica e delle cattedrali.