I luoghi possono essere fonte di ispirazione, le storie che custodiscono ancora di più. E se c’è chi come Sorrentino, lasciata Napoli per Roma, ha dedicato alla capitale del Belpaese il suo film Premio Oscar, c’è anche chi vive a Roma da anni ma continua ad ambientare le sue opere nella propria regione natale, la Sicilia, conquistandosi comunque un posticino a Los Angeles, seppur non (ancora) al Dolby Theatre.
E’ il messinese Francesco Cannavà, che per girare il suo Carnevale Eoliano L’isola delle maschere ha portato macchina da presa e troupe alle Eolie, isole per nulla vergini cinematograficamente parlando: da Rossellini ad Antonioni, dai fratelli Taviani a Troisi, esse hanno già prestato scorci di mare e di terra alla nostrana filmografia. E, già che ci siamo, come non lasciare affacciarsi alla memoria il Gerardo del Caro Diario di Moretti, ritiratosi a Lipari a studiare l’Ulisse di Joyce? Eolie, insomma, terra di suggestioni visuali e narrative non da poco…
“L’idea era di raccontare cosa succede a Lipari durante il Carnevale” spiega il regista a ilgiornaleoff.it. Ma parate di carri e baldorie collettive non sono state che il punto di partenza. Quello di arrivo è stato, invece, la scoperta della profondità storica che si cela dietro l’evento, ossia la tradizione radicata di un popolo che alle maschere è legato fin dal V secolo, epoca in cui le usava prima a teatro e poi come corredo funerario.
Proprio questo secondo utilizzo ha reso possibile che i manufatti si conservassero, svelandoci i tratti iconografici dei personaggi della tragedia e commedia greca. «Ogni uomo mente ma dategli una maschera e sarà sincero» diceva Oscar Wilde, e ne è convinto anche Cannavà, che afferma: «La maschera rivela la nostra identità, non la nasconde». Con essa in Magna Grecia si osava, in quanto aveva il potere di rovesciare l’ordine sociale. Si sa che il Carnevale non è che il figlio delle feste dionisiache e la pellicola segue tutto questo lungo filo di collegamenti, dal dio simbolo dell’ebbrezza fino alle sue seguaci, le Baccanti, per certi versi femministe ante litteram.
Come anticipato, il docu-film a gennaio verrà proiettato a Los Angeles, presso l’Istituto Italiano di Cultura. Nell’attesa il prolifico regista non rimarrà con le mani in mano. “Alle Eolie sono diventato amico di Pippo Cafarella”. Chi è costui? Il proprietario della casa-set de “Il Postino”, abitazione con un passato che è interessante ricostruire (per il regista) e conoscere (per noi).
Se questo è ancora un progetto da sviluppare ce n’è un altro già in lavorazione, incentrato sul barone Wilhelm von Gloeden, pioniere della fotografia omoerotica a Taormina, dove trovò rifugio pure un sovversivo Oscar Wilde quando era accusato di sodomia. Insomma, la Sicilia ritorna e non è quella solita, dei padrini e delle questioni di onore, grazie a chi se ne frega di spopolare al botteghino con copioni comprati alla fiera delle banalità e, piuttosto, ci restituisce pezzetti di storia dimenticata.