Un eroe con qualche macchia e qualche paura, ma non per questo meno eroico. Un romanzo di formazione nell’epoca della disinformazione. La ricerca di una dimensione personale (e collettiva) magari antimoderna ma vitale, cosciente del fatto che si può perdere tutto, ma non bisogna perdere se stessi. Ecco Scatto d’orgoglio di Cesare Ferri (Edizioni Settimo Sigillo, pp 194, 18 euro).
L’autore ha unito studio, scrittura e militanza politica a destra: è stato tra i fondatori di Fronte Nazionale con Franco Freda. Nella sua ultima fatica narrativa la trama mette il protagonista, Sandro, uno studente universitario svogliato e quasi rassegnato a inseguire il mito contemporeaneo del soldo, a confronto con se stesso, grazie a una donna più grande di lui, Lavinia.
Attenzione però, non si tratta se non marginalmente di un romanzo d’amore, se mai, come da titolo, di orgoglio; e poi di politica (nel senso ampio e alto di ricerca di un ethos e di un daimon, cioè di un destino). Il contrasto pertinente alla narrazione, nel caso del romanzo di Ferri, è quello tra individuo e società contemporanea con i suoi mostri come il capitalismo finanziario o la nebulosa del potere in grado di inquinare esistenze individuali e rapporti umani.
Resistere vuol dire farsi carico di quella separazione originaria, assumere quel principium individuationis, sapersi dire da soli quei “no” che aiutano a crescere (ecco il bildungsroman, in un’accezione non più postmoderna). In breve coltivare un’aristocrazia dello spirito, trascendere la ragionevolezza forzata “che ci fa vivere come bravi e annoiati bambini”. Assumersi un destino, nell’amore come nella politica. Con tutte le macchie, e le paure, avere comunque il coraggio di decidere.