Il progetto musicale Musica Nuda prende forma dalla voce di Petra Magoni e dal contrabbasso di Ferruccio Spinetti. Il Giornale Off incontra i due artisti, a pochi giorni dall’attesissima esibizione cremonese – all’interno del Festival delle Acque Dotte – prevista per il 16 luglio, nella quale proporranno, fra l’altro, la loro versione della battistiana Acqua azzurra, acqua chiara.
Ci raccontate un episodio Off di inizio carriera?
Ne abbiamo a centinaia. Il più divertente è accaduto durante una delle primissime date. Prima di esibirci in un jazz club di Teano, in provincia di Caserta, ci siamo accorti di un manifestino che annunciava il concerto di “Pedro Quintet”.
Com’è bello far concerti, eh?
Già. Abbiamo avuto la fortuna, negli ultimi 12 anni, di esibirci anche in giro per il mondo. Partecipare a un festival, come quello delle Acque Dotte, con un filo conduttore così importante, è una ricerca filologica. Al brano di Lucio Battisti, che ben si sposa con il tema della rassegna, daremo ovviamente un taglio personale. Essere in due su un palco, anche se per molti potrebbe essere una debolezza, è una carta vincente.
Lasciate sempre il pubblico a bocca aperta.
Quando abbiamo iniziato, per caso e per gioco, non immaginavamo tutte le cose belle che ci sono successe in questi anni. Sul palco non vogliamo fare una lezione sulla storia della musica o esibire le nostre doti tecniche. Ci piace suonare quello che più amiamo ascoltare. La nostra eccentricità ci porta a passare brevemente da Monteverdi a Raffaella Carrà. Tocchiamo con gioia tutti mondi musicali.
L’impatto, se pur carezzevole, è potente.
Potrebbe sembrare schizofrenico, ma non lo è. È maturato con naturalezza nel corso degli anni, e ci rendiamo conto che alla fine dei concerti le persone vanno via con il sorriso in faccia. Questo per noi è la cosa più bella che possa capitare a un musicista.
Anche le critiche vi hanno sempre premiato.
Per fortuna, sì. La stampa ci vuole bene. Forse perché, in questo panorama musicale abbastanza piatto, il nostro eclettismo minimale, voce e strumento, è promosso a pieni voti.
Ma c’è una cosa brutta e cattiva che hanno detto su di voi?
Qualcuno ha scritto che c’era bisogno di una terza gamba perché il progetto poteva risultare inconsistente. Altri sostenevano che in due non saremmo andati molto lontano. Dopo 12 anni e nove dischi siamo ancora vivi e vegeti.
Francamente, ve ne siete infischiati.
Ma sì perché la reazione del pubblico ci ha permesso di comprendere che la strada percorsa era quella giusta.
Probabilmente perché il pubblico ha trovato in voi quel che cercava. La vostra, in fondo, è un’identità artistica lontana dalle canzonelle italiane.
Viviamo in un momento storico in cui è più facile essere musicista del mondo. Basta un volo easy jet per portare la propria musica in giro per il globo terrestre. Venti anni fa era impensabile. Forse è anche questo il motivo del mostro successo in Francia.
I tributi alla musica italiana nei vostri album non mancano.
No. Il nostro ultimo singolo, Tout s’arrange quand on s’aime, è la versione francese di Stessa spiaggia, stesso mare. Il brano ci è stato suggerito da Enrico Romano, che è il nostro discografico da diversi anni. La versione in francese – se pur cantata da Mina degli anni Sessanta – non ha avuto una grande fortuna, visto che nessuno se la ricorda. Solitamente eseguiamo in italiano dei brani in francese, ma questa volta abbiamo fatto l’operazione inversa. Ci siamo divertiti molto.
Minimalismo sonoro e senza fronzoli. Non è un caso il nome scelto per il vostro progetto.
Musica Nuda sintetizza quello che, soprattutto agli inizi, è stato il nostro progetto. La nostra musica è nuda, spogliata da tutti gli altri strumenti.
Cosa significa oggi fare un disco?
Crediamo sia giusto farlo soltanto quando si ha l’esigenza di dire qualcosa. Purtroppo la discografia è stata ammazzata da operazioni troppo commerciali e poco stilistiche. Crediamo alla musica come forma d’arte e anche come intrattenimento; Tant’è vero che i nostri concerti hanno anche parentesi divertenti e scherzose perché giocare e suonare sono lo stesso verbo in tante lingue.
Spinetti e Magoni sono due irriducibili fenomeni indipendenti?
Siamo i produttori di noi stessi, liberissimi di scegliere cosa e quando farlo. Ascoltiamo anche i preziosi consigli degli altri, ma non rinunciamo alla nostra libertà. Il nostro ultimo album, per esempio, lo abbiamo registrato sul palco in un teatro a porte chiuse – senza pubblico – per ricreare un po’ il nostro habitat naturale.
Essere indipendenti è ancora una discesa ardita?
Per noi è l’unica direzione. Abbiamo entrambi avuto esperienze di altro tipo che non ci hanno soddisfatto. Preferiamo rischiare, assumendoci la responsabilità di eventuali errori. Siamo, però, un progetto popolare perché non facciamo cose di difficile ascolto ma fruibili su più livelli.
Ricordiamo Ferruccio inaspettatamente vincitore di Sanremo con gli Avion Travel. Siete popolari al punto da considerare anche l’idea di portare Musica Nuda sul Palco dell’Ariston?
Ci sono dei tempi televisivi che non consentono a un progetto come il nostro di farsi apprezzare. Questo non vuol dire che non andiamo in televisione per snobismo, ma perché non ci cacano proprio. Abbiamo proposto dei brani alla commissione esaminatrice del festival, ma non siamo stati considerati. Sanremo non rappresenta neanche più la musica italiana perché un baraccone che sopravvive per tradizione.
Per cosa vorreste diventare una leggenda?
Per alcuni versi, probabilmente, siamo già entrati nella leggenda e lo diciamo con inesauribile modestia. Qualcuno, dopo di noi, ha improvvisato progetti di voce e contrabbasso, prendendo proprio le nostre strade, quasi imitandoci. Altri, invece, scegliendo una corsia diversa, hanno scelto di mettersi in gioco, di essere originali, e di non essere dei cloni. Ci vuole tanto impegno e tanto lavoro per imboccare una strada e percorrerla tutta, fino alla fine.