Nella vita, a volte, serve fermarsi e comprendere con distacco gli avvenimenti, frenetici quanto insulsi, accaduti negli ultimi mesi in Italia. La sensazione è quella del risveglio da un coma farmacologico: tutto intorno sembra mutato, ma a ben vedere il tempo non è mai trascorso.
Esiste finalmente un governo che decide, una nuova riforma costituzionale, una nuova legge elettorale, una buona scuola, la lotta alla corruzione, il job act, l’Europa e i mercati fiduciosi verso i nostri conti pubblici, una riconquistata credibilità internazionale (anche se la vicenda dei marò testimonia il contrario), l’Expo che comunque andrà sarà un successo, l’economia che riparte al pari dell’occupazione, la Juve in finale di Champions League, la stampa “libera” che osanna le virtù del premier che, bontà sua, restituisce solo minima parte di quanto indebitamente trattenuto ai pensionati.
Si direbbe l’Italia del ben godi che ha risolto i suoi problemi, alla faccia dei gufi, dei sindacati, degli scontenti e degli oppositori di mestiere, un Paese “very bello”. Eppure, senza dover essere per forza populisti o qualunquisti, c’è qualcosa di stonato rispetto al Paese drammaticamente diverso da quello che vogliono farci credere, con un vissuto di tensioni, amarezze, delusione, disaffezione.
Continuano gli sbarchi di profughi e clandestini sulle nostre coste, intervallati da orrore e morte che risvegliano per qualche ora coscienze sopite, mentre nelle nostre città afflitte da degrado, insicurezza e rabbia, scoppia la guerra tra poveri, emarginati ed immigrati. L’Unione Europa continua a mostrarsi per quello che è: un’entità fondata su accordi economici che rinuncia a qualsiasi azione politica sovranazionale ignara del significato di solidarietà.
Per tanti il futuro è sinonimo di incertezza, precarietà e sacrifici, mentre per altri forse il futuro è solo una chimera: lo vedi nello sguardo spento delle persone che incontri per strada, mentre la ricchezza, proprio come nel ‘700 e nell’800, si concentra in pochi neoaristocratici capitalisti. La ripresa dell’economia è piena di contraddizioni, mentre la globalizzazione influenza sempre più le nostre vite e segmenti importanti dell’industria italiana finiscono nelle mani di multinazionali.
Anche il clima svolge la sua parte, mettendo in ginocchio aree in cui la mancanza di prevenzione e cura del territorio mutano la pioggia in tragedia. L’inaugurazione dell’Expo viene oscurata dagli scontri di piazza ed il suo svolgersi dalla critiche per l’ assenza di un vero contenuto, o dalla contraddizione del titolo “Nutrire il pianeta” con i casi in cui cibo avanzato viene gettato al termine della giornata.
La criminalità organizzata è alacremente all’opera, mentre la corruttela non ci abbandona, nell’alveo di quel teatrino della politica in cui si avvicendano personaggi e storie che millantano soluzioni per ogni problema, in cui la distanza fra istituzioni, caste e cittadini è sempre più netta, in cui l’elettore diventa lo strumento passivo e non il fine di elezioni che tutti dichiarano di aver vinto, in cui i partiti si frammentano per poi ricostituirsi in nuovi rivoli, perdendo identità e valori, candidando impresentabili e ineleggibili, in cui la democrazia impallidisce rispetto all’eccesso di dirigismo e al fastidio verso chi osa criticare.
Cara Italia, devi svegliarti dal letargo, rialzare la testa e pensare con la tua testa, altrimenti non resterà che rimpianto per quello che avremo potuto essere e che non siamo stati, crogiolati nella storia del passato per nascondere l’oblio del presente.