Un teramano a Imola. Marco Di Giovanni approda contemporaneamente al Museo di San Domenico e a BeCube nuovissima realtà espositiva nella stessa città che inaugura proprio in questa occasione.
Due mostre, entrambe curate da Maria Katia Tufano, due fasi distinte del lavoro dell’artista abruzzese: al Museo di San Domenico viene presentata una piccola antologica, Una fine, che raccoglie i lavori che hanno segnato la ricerca dell’artista degli ultimi anni, matrice e spunto di una nuova riflessione che ha dato vita ad un’altra mostra che aprirà presso l’associazione BeCube, L’infinito commestibile, un’installazione complessa, composta da un video con sonoro, una scultura in ferro, dei tavoli da birreria e una serie di opere su carta che rappresentano, sotto forma di diario visivo, un’annotazione meticolosa di tutto ciò che l’artista ha ingerito in forma solida o liquida negli ultimi undici mesi.
Marco Di Giovanni – Una fine, Musei di San Domenico, Imola
Nel prestigioso Museo di San Domenico fino al 19 luglio, troviamo i lavori realizzati negli ultimi 5 anni, opere di indagine sul reale, il quotidiano e il suo pensiero, «una combinazione sincretica tra letteratura norrena e l’approccio della meccanica quantistica, sull’individuazione di ciò che è materia e reale». L’artista divide l’esposizione in due tramite l’opera Le porte di Solarolo collocata sulla soglia tra due sale, di fatto impedendo l’accesso alla seconda parte dell’esposizione «che può essere fruita, nelle intenzioni dell’artista, solo percorrendo prima le sale espositive del museo che ospitano le collezioni di arte antica e moderna, fino all’arte del ‘900». Il resto è un cassone rugginoso Heavy pod, che “suona” e risuona, nella stessa stanza, una delle pareti è rivestita da un’accumulazione di agendine Moleskine: l’opera è intitolata Gran Sasso. «Trentotto agende annuali, una per ogni anno di vita dell’artista, sono installate aperte su un disegno tracciato a matita che costruisce, nell’insieme, una leggerissima rappresentazione dello skyline del Gran Sasso visto da Teramo. Per ogni anno della mia vita confondo a matita i contorni del mondo intero e la sua suddivisione in fusi orari per ottenere l’unico luogo a me originario e quindi senza tempo» dichiara l’artista.
Marco Di Giovanni – Una fine, Musei di San Domenico, Imola
Nello spazio BeCube fino al 21 giugno, il cibo come ossessione (Expo docet), lo spazio è saturo di tutto ciò che l’artista ha ingerito durante l’ultimo anno: una grande quantità di disegni a china su carta gialla alimentare. Aiuta a digerire il tutto un video che mostra «in una lunga carrellata i disegni disposti in ordine cronologico, mentre l’audio, realizzato in collaborazione con Gianluca Favaron “artigiano digitale del suono”, rimanderà suoni ottenuti registrando la masticazione, la deglutizione e la digestione dell’artista». Il faticoso processo odierno di nutrimento del corpo congiunto all’ossessione generata dal cibo stesso.
Marco Di Giovanni – L’infinito commestibile, BeCube, Imola