Non è una nuova sigla inventata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, e non parliamo di possibili concorrenti di Ferrovie dello Stato e di Italo. Si tratta solo di stazioni ferroviarie, pardon teatrali, servite dall’alta velocità. TNAV è un acronimo individuato dal Mibact per definire una innovativa categoria di organismi che avranno accesso privilegiato al Fondo Unico dello Spettacolo: non Treni bensì Teatri nazionali ad alta velocità.
Riprendendo un sagace spunto ironico di Robert Schiavoni, proviamo a fare un immaginario tour ferroviario. Partendo dalla stazione di Milano Piccolo Teatro a un’ora di treno troviamo la stazione di Torino Teatro Stabile; a un’ora da Milano la stazione di Bologna, Emilia Romagna Teatro e di Padova Teatro Stabile del Veneto. A un’ora da Bologna la stazione di Firenze Teatro della Toscana, ad un’ora la stazione Teatro di Roma e infine, a un’ora da Roma, la stazione di Teatro Stabile della Città di Napoli. Dall’elenco manca la stazione Teatro Stabile di Genova, ancora non raggiunta dalla linea veloce.
Ne è prova che a Napoli finisce l’alta velocità e con essa i teatri nazionali. Evidentemente il Mibact, non contemplando le opzioni aereo, auto o nave ha ritenuto che per mancanza di collegamenti, regioni come Calabria, Puglia, Sicilia, Sardegna, non debbano fruire di tale opportunità. Se l’Italia ad alta velocità teatrale muore effettivamente a Napoli, ha una sua logica il ragionamento fatto dagli uffici e dagli esperti del ministero: come si può istituire un Teatro Nazionale non raggiungibile in treno?
E così è stato individuato un criterio oggettivo: i sette teatri nazionali devono essere raggiungibili in cinque ore di treno ad alta velocità. Tutto questo ha un senso anche strategico: con le minacce dell’ISIS all’Italia, un bersaglio facile come un Teatro Nazionale forse sarebbe stato troppo pericoloso; meglio confondere il nemico. O ancora, più teatri nazionali si dichiara di possedere e più si conta nell’Europa che conta?
In conclusione cosa dire: quanto paventato sì è puntualmente verificato: sette teatri nazionali (e perché non uno o venti?), frutto di compromesso, captatio benevolentiae, clientelismo politico. Quante vite di coraggio e passione dimenticate, quante battaglie per conseguire un meritato riconoscimento mai ottenuto, quante discussioni per evitare scelte avventate.
Chissà cosa direbbero oggi Giorgio Strehler, Ivo Chiesa, Mario Giusti, di fronte a questo scenario e a tanta improvvisazione di chi non conosce la storia … e di chi pervicacemente si è opposto per anni, per interessi di potere, al varo in Parlamento di una legge per lo spettacolo dal vivo, strumento unico e insostituibile di trasparenza e democrazia.
“Questi fantasmi” sono sempre fra noi come il “mandante” del reato, noto a tutti e ben visibile. Dateci un capo stazione, almeno sa come dirigere il traffico ferroviario.
P.S. Ovviamente l’acronimo TNAV è frutto di pura fantasia, così come il riferimento a fatti o persone, o no?
Certo le idee originali son proprio difficili da tirar fuori! Meglio un “sano” copia-incolla tratto e pubblicato in rete qualche settimana fa!!! BECCATO l’esperto
Gentilissimo sig. Di Lascio
perché copiare di sana pianta considerazioni scritte da altri (in questo caso io) e firmarle
con il proprio nome?
Cordiali saluti
Robert Schiavoni
Gentile Schiavoni
grazie per la segnalazione e controlleremo la fonte. Concordo con lei, in ogni caso qualora si citi considerazioni altrui è opportuno virgolettare e sempre citare la fonte.
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