I limiti del renzismo senza limitismo. Piccola chiosa liberale

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Matteo Renzi

In poco meno di un anno, lo scenario politico italiano appare profondamente mutato, tra riforme annunciate e approvate.

Matteo Renzi
Matteo Renzi

Il percorso dell’Italicum ci consegna una Camera dei Deputati la cui composizione sarà prevalentemente condizionata dalle nomenklature dei partiti e dal premio di maggioranza alla lista che supererà il 40% delle preferenze dei votanti (e non ahimè degli elettori come sarebbe più giusto ipotizzare), cosa che consentirà di controllare e gestire al meglio i lavori dell’Aula. Inoltre, senza apertamente affermare la nascita di una repubblica presidenziale, si introduce surrettiziamente la nomina del capolista del partito maggioritario alla Presidenza del Consiglio.

La riforma costituzionale supera inoltre il bicameralismo perfetto, assegnando alla sola Camera dei Deputati il potere legislativo, mentre il Senato, non elettivo, sarà composto da rappresentanti delle regioni, sindaci e senatori nominati dal Presidente della Repubblica. Non voterà la fiducia ai governi in carica, e la sua funzione principale sarà quella di funzione di raccordo tra Stato, Regioni e Comuni. Il Senato conserverà invece il potere di voto solo per riforme e leggi costituzionali, leggi sui referendum popolari, leggi elettorali degli enti locali, diritto di famiglia, matrimonio e salute e ratifiche dei trattati internazionali.

Da ultimo, la recente nomina del nuovo Presidente della Repubblica mette in luce un’ulteriore novità politica: la designazione viene fatta dal leader del partito maggioritario che è anche capo del governo. Se il Quirinale da sempre conferiva l’incarico al Presidente del Consiglio, ora viene relegato a un ruolo notarile e sarà il governo a indicare al Parlamento l’inquilino del Colle da votare. Non sarebbe allora più democratico e trasparente, rispetto alle alchimie di Palazzo, coinvolgere direttamente i cittadini nell’eleggere il Presidente della Repubblica quale supremo garante degli interessi della nazione?

Lo scenario evoca, seppur con diverse modalità, un passato lontano di derive autoritarie specie se, per eccesso di modernità e di semplificazione degli assetti istituzionali, si volesse ritenere superato lo spirito dei padri costituenti. La democrazia si fonda soprattutto sulla separazione dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario, sugli equilibri tra poteri distinti e diversi fra loro, sui sistemi incrociati di tutele e controllo, sul ruolo partecipe dei cittadini. Pesi e contrappesi democratici sono elementi imprescindibili per scongiurare quel rischio che divenne realtà fra le due guerre mondiali.

La corsa alla rottamazione, al restyling della Costituzione costituiscono certamente un dato positivo, se lo scopo è quello di migliorare l’azione delle istituzioni e renderle più vicine e reattive alle istanze dei cittadini. Ma siamo sicuri che la nuova Cultura del Palazzo non stia reinterpretando i principi della novella democrazia solo per eliminare “orpelli” che impediscono all'”illuminato” di turno di agire nell’interesse del Paese? La vita democratica va rinnovata, va migliorata, non certo annichilita.

Un solo uomo al comando recitavano le cronache radiofoniche del Giro d’Italia… Non è che la politica ha male interpretato? Noi italiani da secoli siamo abituati a tutto, alle prese “in giro” come al “renzismo senza limitismo”: l’importante è non risvegliarsi troppo tardi…