Il mercato dei libri crolla. E l’Associazione Editori si trastulla…

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Mentre alla fiera della piccola editoria Più libri più liberi se le cantano e se le suonano, i dati reali, diradato il fumo (secondo l’Associazione Italiana Editori il 14% dei piccoli editori fa più ebook e usa i social network, sai che novità), sono sconcertanti: meno tirature, minor presenza in libreria, rese pesantissime (il 63,6% dei libri stampati torna al mittente, nel 2000 era il 52%). 

Che cosa terribile essere profeti: questo quadro apocalittico era già emerso con chiarezza fin dal lontano, lontanissimo 1998, quando a Berlino, insieme al semiologo Paolo Fabbri partecipai come editore al “Laboratorio per una nuova economia del libro”. La diagnosi sembrava allora terrificante: “riduzione della vita media del libro a non più di 3/4 mesi, invasività di un mass-market di bassa lega appiattito sulle mode, rarefazione dei librai ‘indipendenti’ e nascita di catene oligopolistiche di librerie, marginalità delle esigenze espresse dal mondo universitario e di ricerca, sbarramento degli spazi concessi agli autori esordienti”. L’urlo emerso in quel lontano convegno annunciava la morte dell’editoria di cultura e una omologazione culturale senza precedenti. 

Oggi l’Aie continua, viceversa, a colpi di caviale sul nulla e con tante reciproche pacche sulla spalla, a far festa a un modello editoriale e distributivo ormai in evidente stato di decomposizione. Autori importanti del secondo Novecento italiano risultano scomparsi dai cataloghi degli editori che li avevano dapprima vampirizzati con tirature da best seller (Giorgio Saviane, Mario Pomilio…), per poi cinicamente dimenticarli, senza neppure trasformarli in ebook. Fossa comune destinata a incrementare i famosi ‘libri orfani’ che saranno il boccone più appetito dei nuovi operatori internazionali. 

Abbiamo voluto tentare un esperimento con una collana di riproposte di romanzi importanti abbinati ad autori contemporanei, come segnale della necessità di distinguere, nel tritacarne editoriale complessivo, il buono dal marciume. Abbiamo esordito con la riscoperta di Lion Feuchtwanger in abbinamento con quel Rinuncio di Davide Brullo che per iniziativa di Monica Guerritore ha “rischiato” di entrare nella cinquina dello scorso Campiello. Sono annunciati testi fondamentali della letteratura italiana, come i romanzi di Giorgio Saviane, Mario Pomilio, Silvio d’Arzo e Herman Melville. Ecco qualche esito: 7 copie prenotate a Firenze di Saviane, 5 copie di Pomilio a Genova, entrambi non superano lo sbarramento delle 300 copie sul territorio nazionale. Di queste, torneranno in resa il 63% (dati dell’Aie!). Noi avevamo profetizzato il 70% nel 1998 (vedi Radici di carta frutti digitali, Guaraldi, 2012). E’ solo perché siamo piccoli editori? Non credo proprio: andate a vedere i dati di assorbimento di celeberrime collane come la Bur, mentre la più importante collana mondadoriana, la ‘Medusa’, è scomparsa. 

 L’Aie, dal canto suo, dopo aver combattuto l’ebook per oltre un decennio, oggi ne vanta l’incremento come esito della genialità della piccola editoria. Altra bufala drammatica: basta cercare i Top 100 Ebook di Amazon e Google Play per scoprire che si tratta solo di paccottiglia semi-porno, del tipo Amici di letto, Le fantasia di un miliardario, Schiavazzami, L’uragano dentro di me (titolo che lascia incerto il lettore se si tratti di una dolorosa indagine medica sul meteorismo dell’autrice o altro). Organizzando convegni del tipo “Elementi operativi per l’internazionalizzazione del business editoriale” l’Aie continua a sbattere l’aria. E’ ovvio che l’area linguistica dell’editoria in italiano vale commercialmente meno di un terzo del mercato editoriale dell’urdu. Ma dove sono i progetti di tipo internazionale prodotti dall’editoria italiana? Dove la congiunzione con il mondo universitario e della ricerca? Quale editore ha firmato un contratto per i diritti internazionali di un autore arabo o afghano? Siamo davvero all’estrema periferia dell’impero, destinati alla scomparsa della specie, se non reinventeremo tutto in una sorta di Costituente del Mondo del Libro. Cominciando con il mandare a casa tutta la dirigenza dell’Aie.