I mangiatòri. Il gusto della Poesia.
di Francesco Sala
La crisi morde e sei attori ex allievi dello Stabile di Torino si sono riuniti sotto il nome di Mangiatòri e dall’estate del 2010 girano l’Italia per ristoranti e locali a recitar poesie. L’idea gli è venuta sfidando il celeberrimo motto- con la Cultura non si mangia- e questi ragazzi si sono proprio convinti che Dante può star bene con un panino al prosciutto e che la Cultura oltre a nutrimento è anche valore aggiunto. Attori che contro il logorìo della vita moderna, ti recitano al tavolo una o più poesie: da Petrarca, a Trilussa, da Baudelaire a Leopardi, da Bukowski alle golose di Guido Gozzano. Loro sono dei maitre di sala della poesia con tanto di papillon. Tu scegli, essi recitano. Rinnovare il piacere del ritrovo, dell’ascolto, dell’assaggio, la loro proposta è una degustazione unica e originale; poesia a richiesta, alla carta che può rivelarsi anche un discreto business. Piacere da assaporare senza fretta, che si sa questa è nemica di tutte le arti.
Da sempre vi è stato uno strettissimo legame tra cibo, scrittura, arte, musica e letteratura. Il cibo che ci regala una particolare emozione può abbinarsi, avvicinarsi alla poesia. Da peccato di gola si accede a gioia per la mente e per lo spirito. Si pensi al Convivio nel Simposio di Platone: la tavola imbandita, la ricerca spasmodica di cibo che è metafora dell’uomo e della sua capacità di relazione e amicizia. Cibo e parola hanno a che fare con la bocca e le parole vengono “portate” -altra coincidenza- quando si parla non si mangia e viceversa ma si può ascoltare. Il cibo e la poesia sono legati, dialoganti, ci portano a visitare luoghi sconosciuti, sono viaggi della fantasia. Metafore di nutrimento. Una buona ritualità che ha origini arcaiche quella di accostare, tagliare, sminuzzare, lardellare, soffriggere, ripassare, infornare la Parola, per poi servirla ai commensali magari assieme a una risata, un’emozione, un bicchiere di vino.