L’Enrico IV senza Enrico IV

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di Enrico Groppali

Quando quasi cent’anni fa Pirandello dopo i Sei personaggi mise mano all’Enrico IV, ponendo l’accento sull’ inferno della memoria intermittente che, insinuatasi nella mente di un gentiluomo colto e riservato, lo costrinse per anni ad assumere la personalità dell’
antico imperatore, non poteva prevedere cosa sarebbe accaduto nell’anno di grazia 2014 alla creatura partorita dalla sua feconda immaginazione. Che, nel testo da tutti conosciuto, una volta sbarazzatosi della favola che lo tenne per anni all’oscuro della propria identità, lo conduce a far fuori con un colpo di spada di colui che a suo tempo tentò di assassinarlo.  Delitto che di conseguenza lo costringe “da allora e per sempre”a indossare di nuovo la maschera rassicurante della follia. Interpretazione vincolante sia per il pubblico che per i registi alle prese col nero mistero diun personaggio insondabile.

Prima che un giovane geniale come Matteo Tarasco nel suo godibilissimo eccentrico spettacolo, non a caso intitolato “Enrico IV ma forse no” spostasse il fulcro dell’azione dal protagonista (che qui non si vede mai) ai complici della sua ossessione. Accade quindi che nel garage di una villa solitaria (la Scalogna,come nei “Giganti della montagna”?) tre giovani attori bravissimi ma disoccupati di nome Federico Le Pera, Brenno Placido e Tiziano Panici assoggettati per fame ad assecondare la follia di un deus ex-machina che non conoscono si chiedano cosa stiano facendo.

Soprattutto quando interviene a scompaginarne le fila il nero Sidy Diop proveniente dal Gabon a sostituire l’anima nera Belcredi, a suo tempo omicida in pectore dell’uomo che si spaccia per Enrico IV. E’ allora che  crollano gli specchi delle false apparenze in un contesto che sa di Genet, come dell’angoscia di un romanzo gotico al quadrato.

Foto di Pino Le Pera

ENRICO IV, MA FORSE NO. Testo e regia di Matteo Tarasco da Pirandello. Roma, Teatro Argot, fino al 12 ottobre. Poi in tournée