In scena stasera la prima assoluta dello spettacolo vincitore del Premio Riccione.
di Nina Mele
Indebitato per problemi di lavoro, un uomo finisce vittima di un gioco al massacro riservato a facoltosi in cerca di emozioni forti. Un gioco che non lascia scampo e che affida al protagonista il compito di spiegare al mondo, con ipocrisia e falsità, una storia troppo complicata. “Homicide House”, in “prima” assoluta stasera al Seminario Vescovile di Andria, alle 21.30, è il testo inedito del giovane drammaturgo italiano Emanuele Aldrovandi, per la regia di Marco Maccieri, che ne è anche l’interprete principale. Al suo fianco c’è Deniz Özdogan, una delle giovani attrici più interessanti della nuova scena italiana, che interpreta una misteriosa donna sui tacchi a spillo con cui il protagonista gioca un’intensa partita verbale per sfuggire al peso dei suoi debiti.
Il lavoro ha vinto lo scorso anno la decima edizione del prestigioso Premio Riccione intitolato a Pier Vittorio Tondelli. La giuria ha valutato “Homicide House” una “sinistra e infantile parabola sugli incerti confini tra il vero e il falso, testo introspettivo dal piglio ironico-favolistico, coraggioso tentativo di scrittura drammaturgica verticale, in grado di farsi carico di una matrice teoretica/concettuale che mette in atto una morbida elusione del tragico”. Si tratta di “un’idea originale alla base della scrittura e un linguaggio disinvolto e agile nell’alternare isolati e funzionali monologhi a fulminanti e accesi dialoghi, che fanno del testo un riuscito e promettente esperimento”. “Homicide House” racconta la storia di un uomo che ha sempre finto di avere più soldi di quelli che ha, fin dal giorno in cui ha conosciuto sua moglie. Ed è sempre riuscito ad andare avanti, mettendo le cose in fila, una dopo l’altra, come sono andati avanti gli uomini per secoli. Un giorno, però, non riesce a saldare un debito col suo usuraio, Camicia a Pois. E la soluzione che quest’ultimo gli propone lo trascina in una vicenda rocambolesca e un po’ pulp, che parla d’amore, di verità, di pigrizia e di falsità.
Se il dilemma attorno a cui ruota il dipanarsi della storia appartiene di diritto alla normalità prosaica (in sintesi, si può mentire a fin di bene o, al limite, nel nome del male minore?), i personaggi dimostrano di essere istanze filosofiche, portatori di una determinata poetica del pensiero, prima ancora che entità finzionali: non è un caso se Uomo, che nasconde alla donna amata il vizio di indebitarsi per il puro piacere di farlo, dovrà condurre i suoi equivoci commerci con loschi figuri quali Camicia a pois e Tacchi a spillo, riuscendo a salvare la pelle senza alcuno sforzo pratico ma con un puntuale esercizio della parola. La Casa degli omicidi è un meccanismo di sevizie psicologiche che ferisce e uccide con il ragionamento piuttosto che con le sole armi di tortura. Un’idea originale alla base della scrittura e un linguaggio disinvolto e agile nell’alternare isolati e funzionali monologhi a fulminanti e accesi dialoghi fanno del testo un riuscito e promettente esperimento.
25.08.2014