Il nipote del Vate: “Vogliono cancellare mio nonno”

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Oggi sono venuto a conoscenza dall’amico Giordano Bruno Guerri, che il nuovo sindaco di sinistra Marco Alessandrini, di Pescara ha deciso di togliere dal simbolo ufficiale della città l’effigie di Gabriele d’Annunzio voluta dalla precedente aministrazione in occasione delle celebrazioni per i 150 anni dalla nascita del poeta.

Una decisione quantomai stravagante, che toglie senza aggiungere nulla. In questo modo Pescara cade vittima di un protagonismo della politica retro-militante che pesca nei bassi istinti dell’omologazione per cercare un consenso di modesto profilo. La città ritorna nell’anonimato culturale.

Pescara è una città che fonda il proprio benessere anche sulle risorse turistiche culturali, incarnate proprio dalla figura di d’Annunzio. Nessuno ha mai saputo descrivere (e sarà difficile che qualcun altro lo sappia fare in futuro) le specificità di quel paesaggio e di quella civiltà agreste oggi scomparsa. Capitoli di grande letteratura italiana come “Le Novelle della Pescara”, o come le ambientazioni del romanzo “Il Trionfo della Morte”; episodi di lirismo tutt’altro che arcadico, ma capace di fondere il genius loci con il respiro moderno, nella poesia“i pastori” non sono risultati casuali (“Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori/lascian gli stazzi e vanno verso il mare”). Sono segno del profondo radicamento nei luoghi d’origine. D’Annunzio ha assorbito e trasfigurato un paesaggio e una cultura e ne ha fatto grande letteratura. Non è un caso che gli studi dannunziani fioriscano ovunque, e ultimamente si segnalino contributi particolari provenienti dall’area anglosassone. Sembrava giusto, anzi doveroso, che il suo luogo d’origine gli rendesse omaggio.

Sono certo che non fosse un vezzo quello del sindaco precedente, ed ero felice, come nipote del Vate, di condividere questa ricchezza coi pescaresi. Pescara merita di continuare un percorso e non di essere punita per il suo figlio illustre. Il paradosso di timore politico e correttezza ideologica sta facendo ben tre vittime. D’Annunzio, la cultura, e anche l’immagine della città. A quest’atteggiamento si può contrapporre il suono e il sapore di un motto dannunziano: “io ho quel che ho donato”. Se ne ricordi, il nuovo sindaco di Pescara.