La tradizione della pittura nell’opera di Paolo Salvati

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Ricordiamo il pittore espressionista della Scuola romana, ultimo discendente di quella schiatta di artisti in grado di raffrontarsi con la Natura

di Paolo Fontanesi

Se n’è andato in punta di piedi il maestro Paolo Salvati, indiscusso artista della Scuola romana e Cavaliere al merito della Repubblica Italiana. Un titolo altisonante che è servito non tanto all’artista, che aveva il pregio di esprimersi attraverso l’arte, quanto a noi del pubblico, per farci capire che la sua pittura ha davvero lasciato un segno nell’arco della storia dell’arte contemporanea, sebbene oggi ci sia la tentazione di dimenticare la tradizione e gli artisti che guardano ai maestri antichi per poi rivisitarli attraverso una  visione al passo dei tempi.

Uno di questi artisti è stato Paolo Salvati. Nato nel 1939 a Roma, autore di numerose opere dedicate al tema del paesaggio e del ritratto. Un intellettuale in cui si fondeva l’amore per la musica, il teatro, la storia, la filosofia e l’attualità. “Per dirla con Benedetto Croce, l’arte è la trasfigurazione del sentimento – spiegava Salvati in una delle sue ultime interviste – quindi concordo nel considerarla una istituzione lirica, aggiungo impalpabile, oggi come ieri sempre attuale”; e oltre: “è la stessa arte che non permette chiusure, dunque nessuna interruzione creativa e limitazione umana all’idea, cambiano scenari sociali, politici, nuovi passaggi concettuali, comunque una qualsiasi tipologia di società anche consumistica, globalizzata, è perdente contro la forza espressiva della cultura; si vive con l’arte del passato, si vive grazie all’arte del passato perché è un alimento della nostra fantasia, un supporto equilibrato, vissuto, a volte differente dal proprio percorso, ma necessario per una reale analisi comparativa, anche critica della propria opera”.

Una grande storia della pittura attraverso la quale l’uomo-artista ha scoperto la sua relazione segreta con la natura, il grande e inconfondibile soggetto a cui Salvati è rimasto attaccato per tutta la sua produzione. Un artista en plein air, perché ha sempre lavorato all’aperto, in Piazza Navona, luogo d’elezione in cui ha sempre ricercato il rapporto vero con il pubblico. Da qui l’amore per il paesaggio, fatto rivivere in ogni  tela attraverso la luce, che dà vita e sostanza alla nostra memoria.

Così Paolo Salvati, con una capacità più unica che rara, condita di saggezza ma anche di sofferenza e lavoro quotidiano, continuerà a incantarci con le “vedute” di mare, con gli “omaggi” ai grandi artisti del passato, con le sue “mareggiate”. Dove a ogni tocco di pennellata, densa e vigorosa, riusciva a eguagliare il mito di una bellezza assoluta e a tratti inarrivabile.

Sono figlio dalla Natura, aggiungo parente stretto. Espressionista, tutta la mia arte pittorica è subordinata all’elemento paesaggistico – diceva Salvati – nella natura trovo espressi tutte le questioni della vita. Il ruolo dell’artista è entrare nel fondo nell’animo umano, attraverso differenti forme di espressione, e porre all’attenzione di tutti la fede in una speranza, la mia nello specifico è quella cristiana, attraverso il superamento della sofferenza, trovo e metto in evidenza con il colore l’opera di Dio». Ed è ciò che Salvati ha saputo trasmettere con la pittura. Lo testimoniano le innumerevoli opportunità che lui stesso, da artista incontaminato, ha saputo cogliere, vincendo importanti premi di pittura, ed essendo  considerato profondamente “artista” da importanti critici d’arte, primo fra tutti Vittorio Sgarbi.