Messaggero e custode dell’Arte e del Sapere. Amico e compagno degli esploratori e degli avventurieri. Dio buono con i navigatori, ma implacabile con gli invasori. A volte, dispettoso. A volte, corrucciato.
Specchio del Cielo e conforto della Terra. Ventre generoso o abisso per le anime.
Il mare.
Banalmente, luogo di vacanze. In contrapposizione ai monti. Banalmente.
Eppure, il mare è cloaca di mille fogne. Discarica paziente e malata di mille veleni. Tomba di mille genocidi. Inferno di mille falsi paradisi.
Ci muore la gente migrante, in mare. E altra gente ne trova ricordi di corpi. Muoiono i pesci, di mercurio, di petrolio, di oli, di idrolisi di armi chimiche. Ci muoiono i popoli che vivono di mare, per colpa di questo mare. Che mare non è più.
Lo guardo e lo riconosco nemico mille volte al giorno. Non mi fido delle onde, delle maree, dei cavalloni e della calma piatta. Non più degli approdi.
Resto immobile ai tramonti rossi del golfo di Gioia. Scrivo poesie. Poi, le cancello. Menzognere, quando il sole rivela, non le sopporto. E, poi, scrivo ancora. Di aurore sull’acqua. E cancello ancora. Se le tartarughe muoiono all’amo, i pescispada sanno di veleno. Se i frutti del mare patiscono lo strascico e le tonnare.
È violato, il mare. Preso a sberle e deriso. Inascoltato, come prigioniero innocente dietro alla porta della cella. È in agonia, il mare. Di una morte decisa dall’uomo.
E solo un uomo, quello buono, può salvarlo. Solo quell’uomo che forse è nato e porta in sé la speranza del futuro. E il rispetto per la Natura, prima Opera d’Arte.