La giovane band milanese che si fa strada con l’improvvisazione.
di Antonio Lodetti
Ci vogliono coraggio e gusto – in questo mondo di musica di plastica – per seguire le strade del jazz e dell’improvvisazione come fanno i Dugong, giovane gruppo underground milanese che comincia a farsi conoscere attraverso l’album di esordio “Miscommunication” (con una bellissima cover della “After the Rain”di John Coltrane eseguita «in diretta senza nemmeno provarla, buona la prima») e una serie di collaborazioni importanti con personaggi come Tino Tracanna, Antonio Zambrini, Enrico Pieranunzi, Avishai Cohen.
I Dugong sono bravi e creativi, scrivono tutti i loro brani (gli autori sono il chitarrista Michele Caiati, profondamente influenzato da Kurt Rosenwinkel; e il sassofonista Nicolò Ricci, allievo tra l’altro di Tino Tracanna e Attilio Zanchi) e stanno allargando il loro raggio d’azione all’Europa… Soprattutto a Londra dove vive il loro contrabbassista Andrea Di Biase (diplomatosi in contrabbasso classico a Milano e perfezionatosi alla Guildhall School), che in Gran Bretagna suona anche nel trio del glorioso trombettista Kenny Wheeler. Chiude il quartetto Riccardo Chiaberta, che suona la batteria dal 1999 e, a 27 anni, ha giĂ lavorato con tutti i grandi jazzmen italiani.
Insomma non sono dei signor nessuno ma, per emergere dalla carboneria jazz, bisogna faticare piĂą che negli altri generi musicali. «Stiamo andando bene e siamo contenti – dice Caiati – ma oggi emerge solo chi punta sull’immagine e la cosa un po’ mi rattrista. Noi cerchiamo solo di diffondere il jazz unito alle nostre influenze classiche, barocche, romantiche». Senza dimenticare l’improvvisazione e la ricerca che permeano composizioni come “Cespert’s Surprise For Surprising Things” o “Una nuvola nera”.
«Ognuno scrive le proprie idee armonico-melodiche, poi le mettiamo in pratica interagendo con l’improvvisazione», cintinua Caiati. Stanno già preparando il materiale per un nuovo album e nei loro progetti, ad aprile, ci sono una serie di concerti che vedrà schierato in formazione anche il maestro Pietro Tonolo, per colorire maggiormente il loro jazz moderno ed attuale che guarda alla tradizione di Coleman Hawkins e Sonny Rollins così come alla nuova scena d’avanguardia newyorchese puntando ad un loro personale mondo sonoro.
© photo Tommaso Riva – www.tommasoriva.com