Le maschere di Alberto Oliva per l’Enrico IV

4

Al Litta di Milano convince la versione del dramma pirandelliano del giovane regista milanese.

di Barbara D’Incecco

Quanta pena doveva esserci nel cuore di Pirandello quando scrisse l’Enrico IV? È il 1921 e solo 2 anni sono passati da quando lo scrittore, dopo averla assistita personalmente per oltre un decennio, ha deciso di far internare l’amore della sua vita, Antonietta Portulano, sposa e madre dei suoi tre figli. È il 1921 e in Italia i criteri di internamento sono due: la pericolosità sociale e il pubblico scandalo. Perché la pazzia è imbarazzante, i pazzi vanno tenuti nascosti e la psicoanalisi è ancora tutta, per lo più, nella testa di Freud.

Una pena infinita e tanto coraggio: sono loro a guidare la mano dello scrittore in questo tuffo tra le pieghe di un’anima scombussolata dalla follia. In un gioco di inganni, specchi e maschere che, a sua volta, scombussola e atterrisce. Ed è sempre il coraggio a guidare Alberto Oliva, giovanissimo regista che, dopo Goldoni e Shakespeare, torna a confrontarsi con un altro grande autore della tradizione teatrale, supportato dall’attore Mino Manni con cui da tempo ha iniziato un percorso di esplorazione.

Un grande autore del passato, quindi, riletto attraverso gli occhi del nostro tempo. Ecco dunque che nella regia di Oliva, la ripartizione in tre atti di Pirandello si trasforma in tre variazioni sul tema della stessa musica che scandisce i momenti principali dello spettacolo. Ed ecco che la scena, dominata da pochi elementi funzionali, sembra generare personaggi finti e maschere vere così come la mente di un folle partorisce incubi reali e false verità.

Originali i costumi delle maschere (del talentuoso Marco Ferrara) che sottolineano con eleganza la plasticità dei movimenti degli attori. E bello anche che a portare la maschera siano coloro che sono ciò che sono, a sottolineare che “seguitiamo a fissarci tutti nel bel concetto di noi stessi”, mentre a non portarla è proprio Enrico, l’unico che non è ciò che è, che sa di non esserlo, che finge di esserlo, e che mette in guardia “guai a chi non sa portare la sua maschera”.

Finale a sorpresa che non deluderà anche i più integerrimi integralisti classici che mai si sognerebbero di cambiare una sola virgola del lavoro di Pirandello!

Teatro Litta, 21 gennaio – 16 febbraio 2014

 

4 Commenti

  1. Ho visto lo spettacolo ma raramente ho letto una recensione più acuta e intensa di questa.
    Brava Barbara D’Incecco, vorremmo più critiche come lei.

Comments are closed.