I “Tre tocchi” raccontati dai protagonisti

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Tre TocchiSei sono le storie raccontate dai protagonisti del film Tre Tocchi, diretto da Marco Risi che dopo il festival del cinema di Roma approda oggi nei cinema. Noi abbiamo incontrato 5 dei sei attori che con un pensiero ciascuno ci raccontano il perché di un racconto, per alcuni già visto, ma in realtà per il grande pubblico, assolutamente inedito e soprattutto autentico.

LEANDRO AMATO

Una vera “faccia e ‘ cazzo” con l’unico desiderio di vivere. Ostaggio del passato che sa di vergogna ma anche istrione capace che sa anche diventare una zoccola in lacrime. “Tre Tocchi” è un film fuori dagli schemi, soprattutto quelli del regista che voleva realizzare una cosa sua, scegliendo egli stesso gli attori senza alcuna imposizione dal punto di vista della produzione. Marco Risi ha fatto degli incontri, a cui sono seguiti dei provini, e ha scelto degli attori per raccontare un’anima, l’anima del nostro mestiere attraverso le nostre storie e la nostra sensibilità. Io credo che proprio questo fatto possa dare la possibilità al film di arrivare al pubblico perché lì dentro siamo veri, siamo noi, non solo in quanto attori ma soprattutto in quanto persone che come tutti hanno speranze e sogni e delusioni.”

MASSIMILIANO BENVENUTO

Un “uomo senza qualità” che oscilla tra un ristorante in cui fa l’acchiappa clienti e una carriera di attore a intermittenza. In fondo, uno straniero anche tra la sua gente. “La storia è ovviamente sceneggiata e scritta su parte da racconti che abbiamo fatto a casa di Marco Risi, una condivisione del lavoro che è piuttosto inusuale in questo ambiente. Le nostre storie sono state sì romanzate ma il succo è quello: c’è molto di noi nel film, c’è tanto della nostra vita e delle nostre storie ma soprattutto è un film che parla di tutti. Nel film si parla di lavoro, di precariato. Una sorta di paradigma della nostra esistenza, senza presunzione ovviamente, raccontato però con ironia, con gioco e con divertimento e soprattutto con condivisione, visto e considerato che il lavoro di attore si fa, fondamentalmente da soli.”

GILLES ROCCA

“Io co’ sta faccia ce lavoro”, ed è proprio così. Dal fotoromanzo ad una serie tv popolare, il suo è un ritratto di strada ad alta velocità, ma in quale direzione? “Nella mia storia ciò che viene messo in risalto è la lotta contro l’apparenza e i luoghi comuni del tipo che in Italia se uno è bello non può essere bravo, se ha fatto i fotoromanzi all’inizio della carriera non può essere un bravo attore, se sa cantare non può fare altro mentre in America e in Francia, per esempio, più cose sai fare e più sei completo come artista. Il mio personaggio fino ad un certo punto racconta proprio la mia difficoltà nel fatto di esserci come attore e non soltanto come “bella faccetta”. La domanda costante che mi viene posta è Perché non vai a fare il tronista?” ma io non voglio fare il tronista voglio semplicemente fare l’attore che è il mestiere per il quale ho studiato e nel quale metto tutte le mie energie. Marco Risi ha scritto un personaggio più estremo di quanto io non sia realmente perché nel film faccio uso di cocaina, perché non riesco a gestire la fama ottenuta facilmente con le soap operas, anche se nel finale arriva il riscatto e cioè che oltre ad avere una bella faccia ho qualcosa “dentro”.

EMILIANO RAGNO

Doppiatore specializzato nel brusio e facchino a tempo in un hotel di lusso. Sogna una nuova immagine di se stesso. Nello specchio però, lo aspetta qualcun altro. “Io nasco come attore e sono passato al doppiaggio dieci anni fa. Faccio insomma entrambe le cose. Risi sta dando a tutti noi una possibilità pazzesca perché se questo film andrà come speriamo noi saremo più che felici di fare quello che è stata e quella che è la nostra vita giorno per giorno. Io facevo davvero il facchino in albergo, non quello del film ovviamente, e avendo il passepartout, in effetti mi capitava di soffermarmi nella suite dell’ultimo piano per dare spazio ai miei sogni. In sostanza mi levavo la divisa da scimmietta, mi sdraiavo sul letto e sognavo di essere un attore famoso. I tre personaggi riflessi nello specchio verso la fine del racconto non sono altro che le diverse sfaccettature del mio essere e il bacio omosessuale può voler significare che attraverso il cedimento alle avances per l’ottenimento di un lavoro importante, potrebbe celarsi una personalità diversa da quella che avevamo sempre pensato di avere.”

VINCENZO DE MICHELE

Erede di Zampanò per la violenza che cova perfino nel sesso eppure l’unico in cerca di una preghiera che lo assolva dal baratro. “La preghiera del Padre Nostro è una preghiera potentissima che a mio avviso non c’entra assolutamente nulla con quello che ci viene raccontato dai preti. In questa preghiera ci sono invece dei misteri incredibili ed esoterici molto forti. I Tre Tocchi per me, infatti, rappresentano la triade, cioè le prime terzine del Padre Nostro, le quali esprimono la parte divina mentre poi si scende inesorabilmente verso la parte terrena dove ci sono i nostri attaccamenti, i nostri desideri. Se una persona riesce a fare il salto inverso, dal terreno al divino per trovare il modo di “affidarsi”, soprattutto l’attore, il quale ha molto a che fare con le influenze esterne e terrene legate proprio all’avidità di fama, di ricchezza e di ego, allora umanamente riesce a recuperare uno spessore umano importante. Il mio personaggio, recitando il Padre Nostro, nella scena finale, si salva dal baratro, capisce insomma che, nonostante la rabbia, la violenza, la frustrazione e la compressione può finalmente ritrovare la pace.